Trìuri, Trigora, Treori, Dario Montobbio.
Un'azienda vinicola piemontese, che produce uno dei vini di punta di quella regione, il Gavi, ci offre l'occasione di parlare dei nomi assonanti. Si tratta di un problema di comunicazione quando l'assonanza "risuona troppo". Nella gamma dei prodotti di Dario Montobbio troviamo molti vini "senza nome" cioè qualificati solo con il vitigno del quale sono costituiti. Vini che rischiano di risultare "anonimi", l'abbiamo già detto, ma questo vale per tutti quei produttori che decidono di appellare il propri vini con il nome del vitigno (mettendo quindi in evidenza, in etichetta, solo quel nome, con l'aggiunta del solo nome aziendale, spesso più defilato). Nella gamma del produttore che stiamo prendendo in esame i vini di punta vengono giustamente valorizzati, chiamandoli con un "nome proprio". Ed eccoli: Trìuri (un Barbera), Trigora (un Dolcetto) e Treori (un Cortese). Facile notare la somiglianza letterale e fonetica di questi tre nomi. Due iniziano con "Tri" e uno con "Tre", per terminare, nell'ordine, con "uri", "gora" e "ori". Quasi uguali, alla memoria intellettiva. Foneticamente creano un corto circuito che rischia di mandare in tilt la percezione. Generano quindi una comunicazione confusa, equivoca, destabilizzante, sia pure, crediamo, nel tentativo di generare una "family" di prodotti "fratelli". È un errore quindi tentare di "fare famiglia" di prodotti con nomi attinenti e somiglianti foneticamente: meglio agire sul format grafico delle etichette o su appartenenze etimologiche che non generano conflitti interpretativi del tipo descritto sopra.