Il nome di questo vino del sud Italia deriva chiaramente e direttamente da un uso della tradizione: contenitori in terracotta chiamati localmente "Capasoni". Siamo in Puglia, ed esattamente (onore ai campanilismi della penisola!) nel Salento, ed esattissimamente nel "territorio di Sava", dice orgogliosamente il produttore. Dove prima di chiamarsi "Primitivo di Manduria" questo vitigno era collegato geograficamente alla cittadina di Sava. Curiosa la modalità di definizione dei propri vini, da parte di questa azienda, che colloca il "Capasonato" qui raffigurato, nella gamma "C.A.L.T." un acronimo che viene spiegato così: "...sta ad evidenziare i materiali all’interno dei quali il prezioso Primitivo è stato “elevato” e/o “affinato”, assieme ovviamente al vetro che conserva per ultimo vini preziosi ed emozionanti". Quindi la C di Cemento, la A di Acciaio, la L di Legno e infine la T di Terracotta (riferita al vino in esame): "dalla Terra alla Terra un passaggio poetico ma concreto del Primitivo che, una volta nato e cresciuto, trasforma i suoi frutti in vino per poi ritornare nuovamente ad essere avvolto e coccolato dalla terra, questa volta “cotta”, attraverso la sosta per un periodo più o meno lungo dentro i tipici “Capasoni”, delle particolari giare una volta molto diffuse tra i contadini di questa parte di Puglia". Il Capasonato quindi, arricchito da una chiusura in ceralacca, porta nel proprio nome l'usanza della terracotta, certamente il più antico materiale di conservazione/affinamento del vino. Il nome in sé non è granché, ma la storia che lo "origina" in parte lo sdogana semanticamente e lo rende comunque interessante.