Kerner, Rudi Vindimian.
Il nome di questo vino potrebbe essere "780 m.s.l.m." ma di fatto un nome non ce l'ha. Incuriosisce, oltre alla quota molto alta di coltivazione dei vigneti, anche il cognome del produttore: Vindimian, che assona curiosamente a "vendemmia". Forse non a caso, visto che si tratta di una attività trasmessa di generazione in generazione. Forse il cognome di un avo fu dato proprio in considerazione della sua propensione alla vigna. Il nome del vitigno invece non è facile, almeno per gli italiofoni. Si tratta in realtà di un cognome: Kerner. Il web riferisce che è un vitigno semi-aromatico creato nel 1929 da tale August Herold (in Germania) da un incrocio tra Schiava Grossa (detta anche Trollinger) e Riesling (Renano). Il nome di questo incrocio deriva quindi da Justinius Kerner, medico e poeta tedesco al quale fu dedicato il vitigno in questione. Ma veniamo al packaging. L'etichetta si fa notare, è insolita, ma non priva di aspetti discutibili. Innanzitutto la foto: capita di rado, per fortuna, di trovare design di etichette che utilizzano fotografie reali. Perché non è il territorio ideale per questo tipo di rappresentazione e di percezione. L'etichetta non è una rivista, un cartellone pubblicitario o un album di fotografie. Ha altre valenze e velleità. Salvo casi particolari, logicamente. In questo caso la fotografia inquadra animali (sia pure simpatici, i caprioli): ciò non è ragionevolmente valido per una etichetta alimentare. Certo, c'è un collegamento concettuale tra l'altitudine indicata in alto (i 780 metri) e i caprioli. Qui l'altezza è una specificità molto interessante per la qualità del vino, in particolare del Kerner. Ma non vengono annullate le perplessità riguardo l'uso di una fotografia in etichetta. Altro piccolo difetto che compromette la leggibilità, è la sovrapposizione della scritta "Kerner" sugli elementi grafici dell'etichetta. Quanto meno rimane una certa eleganza dei toni scuri abbinati al dorato delle scritte.