Vigna Lapillo, Lacryma Christi del Vesuvio, Sorrentino.
Diciamo subito che questa “lacrima di Cristo” è composta per l’80% dal vitigno Caprettone (detto anche Coda di Volpe) e per il 20% da Falanghina. Un blend che dà vita a un bianco di spessore. Le immagini evocative di questa denominazione che cita il Cristo, sono riferite alla religiosità e alla forza degli elementi. Abbiamo infatti una santissima lacrima che può essere lava o, come recita il nome del vino, “lapillo”. Siamo alle pendici del Vesuvio, in Campania, e l’etichetta non ce lo nasconde: il vulcano in oro sullo sfondo ci ricorda la conformazione geologica dei terreni. Vediamo due mani, una serve da appoggio per una farfalla, l’altra regge un grappolo d’uva bianca (verde per l’esattezza, nella cromìa dell’etichetta). Il packaging è disordinato, gli elementi sono proposti tutti insieme senza una apparente logica. I colori però attirano l’attenzione: oro, arancio e verde. E poi quel “Vigna Lapillo” che contiene una storia, o forse più di una. I caratteri di scrittura sono ordinati, moderni, molto leggibili, salvo il logo/nome del produttore che viene riportato in corsivo, con uno stile arcaico (curioso il fatto che venga reiterato il “vesuvio”, questa volta in modalità scritta, nel marchio aziendale). Possiamo quindi dire di non essere di fronte a un capolavoro di design, ma un guizzo di curiosità si manifesta. Saranno le stranezze grafiche, il non rispetto delle proporzioni, una certa vena artistica, o forse l’improvvisazione di una proposta così “composta”. Di fatto la bottiglia non dispiace e il vino viaggia veloce attraverso l’ugola.