Solorosso, Blend di Rossi, Lagobava.
Nel sito aziendale di questo produttore piemontese, con base in Monferrato, ci si imbatte subito in questa frase: “Forse non tutti sanno che le etichette Lagobava sono state create da una nostra cara amica: Susanna Crisanti, ai tempi art director di Artemide mentre oggi è la stretta collaboratrice di Oliviero Toscani! Lagobava non solo è qualità al'interno della bottiglia ma anche arte e bellezza nel vestito! Grazie Susanna!”. Anche noi ringraziamo Susanna per averci fornito l’opportunità di questa analisi. Le etichette dei vini di questa azienda sono “tutte da vedere”, nel senso che ognuno può giudicare liberamente se possono piacere o no. Cercando di svolgere il nostro compito con professionale imparzialità vogliamo far notare che il design è caratterizzato da due sigle (due lettere, si suppone, la “l e la “b”) di colori diversi, per le diverse tipologie di vino, ma con il medesimo stile. Il carattere di questo packaging sembra proprio riconducibile a qualcosa in ambito anni ‘70. Il logo aziendale, dato per scontato che le due lettere rappresentino una sintesi del nome del produttore “LagoBava”, è enigmatico quanto imbarazzante. Nel senso che permane, anche dopo una prolungata osservazione, l’imbarazzo su quale “voto” attribuire.
Personalmente e soggettivamente (insomma, a nostro modesto parere) salviamo solo il lettering (il carattere di scrittura) con il quale vengono espresse le parole in etichetta: nome e tipologia del vino, nome del produttore. Il resto è sinceramente poco spiegabile. Forse rientra nei canoni di una forma d’arte “contemporanea” (sempre che si riesca a definire correttamente cosa è da ritenersi contemporaneo). Ma veniamo alla parte più interessante: il nome dell’azienda. “Lagobava”. All’inizio non abbiamo trovato ragion d’essere, tra il lago e la bava (parole compiute) o con un improbabile neologismo. Poi abbiamo scoperto che i due titolari si chiamano Micaela Lago e Gabriele Bava. Facile, no? Lago+Bava. Facile ma non facilmente condivisibile.
Personalmente e soggettivamente (insomma, a nostro modesto parere) salviamo solo il lettering (il carattere di scrittura) con il quale vengono espresse le parole in etichetta: nome e tipologia del vino, nome del produttore. Il resto è sinceramente poco spiegabile. Forse rientra nei canoni di una forma d’arte “contemporanea” (sempre che si riesca a definire correttamente cosa è da ritenersi contemporaneo). Ma veniamo alla parte più interessante: il nome dell’azienda. “Lagobava”. All’inizio non abbiamo trovato ragion d’essere, tra il lago e la bava (parole compiute) o con un improbabile neologismo. Poi abbiamo scoperto che i due titolari si chiamano Micaela Lago e Gabriele Bava. Facile, no? Lago+Bava. Facile ma non facilmente condivisibile.