Lavandaia, Alta, Syrah, Tenuta dello Scompiglio.
Ci dev’essere stato dello scompiglio creativo nelle fervide menti di chi ha creato le etichette di questa azienda toscana. Almeno per quanto riguarda i nomi dei vini: oltre a “Lavandaia, Alta”, il nome di questo Syrah in purezza, abbiamo anche Lavandaia, Madre (scritto proprio così, con la virgola in mezzo), composto da Canaiolo, Colorino e Sangiovese, poi Lavandaia, Bassa, (idem), quindi Lavandaia, Pura, (un altro Syrah) e infine Lavandaia, Nuova (Sangiovese). La fantasia si è “scatenata” anche per quanto riguarda il vero e proprio design delle etichette, cioè per quanto riguarda la disposizione degli elementi che le compongono e sui loro colori. Risultato: una serie di bottiglie molto cromatiche (monocromatiche, per l’esattezza) con testi piccoli, minimalisti. A parte il gradimento dei colori che è molto soggettivo (certo il viola è sempre critico), il packaging è davvero lineare, forse a suo modo esprime una valenza artistica (che sia moderna, contemporanea o alternativa non riusciamo a giudicare in modo definitivo).
Inoltre, e per concludere, non abbiamo potuto ricostruire il motivo di questa “lavandaia” ricorrente e neppure l’origine del nome aziendale, “Tenuta dello Scompiglio”, che risulta davvero particolare: come minimo incuriosisce. Esprimiamo invece grande perplessità per come è stato reso il logo della tenuta: alla base delle etichette si vede una serie di quadratini, davvero elementari nella loro formulazione, dove sono iscritte le lettere del nome. Ma se lo scompiglio genera il caos, qualcosa di buono ci potrebbe essere.
Inoltre, e per concludere, non abbiamo potuto ricostruire il motivo di questa “lavandaia” ricorrente e neppure l’origine del nome aziendale, “Tenuta dello Scompiglio”, che risulta davvero particolare: come minimo incuriosisce. Esprimiamo invece grande perplessità per come è stato reso il logo della tenuta: alla base delle etichette si vede una serie di quadratini, davvero elementari nella loro formulazione, dove sono iscritte le lettere del nome. Ma se lo scompiglio genera il caos, qualcosa di buono ci potrebbe essere.