Codino, Chianti Classico, Tenuta Monaciano.
Il Chianti è di quelli classici. La Docg conferma. Ma non è certo classica l’etichetta. In un mondo, soprattutto quello toscano, dove regnano ancora bottiglie dall’aspetto nobiliare e pacato con etichette minuziose e aggraziate, spiccano quei produttori che “si danno alla macchia” in senso ampio, filosofico e se vogliamo anche artistico. Etichette che a loro modo risultano sovversive, ma pur sempre dotate di gusto: all’esterno con le forme e il design, dentro alla bottiglia con il buon Sangiovese delle terre vocate. Iniziamo dal nome del vino, come è giusto: “Codino”. Ed è già simpatia. Forse questo nome viene risolto con un eccesso di tenero romanticismo, ma può funzionare. Si tratta di una parola in uso diffuso ma che risulta a suo modo originale. Il codino è chiaramente riferito all’illustrazione che vediamo al centro del packaging: dopo una lieve esitazione, scorgiamo due occhi e ci accorgiamo che si tratta di un gatto (forse sono due, uno dei quali di spalle). Un disegno realizzato con uno stile pittorico, particolare, inconsueto per una bottiglia di vino. L’azienda conferma nel proprio sito internet, testuale: si tratta di “...un gatto splendidamente illustrato da Hitnes, street artist romano”. Potremmo definirla wine-art, laddove il vino viene accompagnato da sensazioni visive, ma anche tattili e in generale evocative. Questa etichetta è tutta lì, in quella illustrazione e nel nome del vino. E per questa volta può bastare.