Questa bottiglia di vino rosso, che nasce dal vitigno tipico e di riferimento della Sardegna, ci offre l’occasione di spaziare in un vasto “assortimento” di nomi. Partiamo dal nome dell’azienda, “VikeVike” che nello stranissimo e a volte incomprensibile dialetto sardo significa “Guarda! Guarda!” come espressione di stupore. Il titolare è un giovane viticoltore, Simone Sedilesu, la sede a Mamoiada, un piccolo comune situato nella Barbagia di Ollolai, in provincia di Nuoro. E il nome del vino? Sembrerebbe confondersi con il nome dell’azienda. Ma sotto di esso, che vediamo in grande nella parte superiore dell’etichetta, troviamo una scritta in corsivo: “Ghirada Fittiloghe”, certo di difficile comprensione per chi non è di origini sarde. Approfondendo le ricerche si scopre che “ghirada” in dialetto significa “piccolo appezzamento di terreno” mentre “fittiloghe” è proprio il nome geolocalizzabile del luogo dove si trova la vigna. L’etichetta non ha nulla di speciale, è graficamente ordinata (diremmo anche ordinaria), con al proprio apice una illustrazione di un Nuraghe (in sardo logudorese, o Nuraxi in sardo campidanese o Nuragu in sassarese, mentre in gallurese è Nuracu). Quello che salva la comunicazione è la dinamica simpatia del nome principale “VikeVike”. Il resto è presumibilmente migliorabile.