Fear No Dark, Cabernet e Oseleta, Pasqua.
L’etichetta è “oscura” ma le intenzioni sono chiare. Si tratta di un progetto che nasce con un concetto coraggioso ma lucido, soprattutto alla luce dei cambiamenti climatici in atto. Parte tutto da una sezione di vigneto, di circa 5 ettari, esposto a nord-est, cioè, praticamente quasi in ombra. Parcella viticola decisamente fresca ed esposta ai venti provenienti dai Monti Lessini, come precisato dal produttore. Due grandi “balze” alternano le zone d’ombra sul vigneto generando tempi diversi di maturazione. Il tutto viene gestito agronomicamente e tecnologicamente in modo da ottenere in ogni caso un vino “maturo”. Siamo comunque all’interno del progetto “Mai Dire Mai” per cui si rischia di confondere il nome del vino, che effettivamente è “Fear No Dark”, insomma una metaforica sfida al buio. Una sfida esperienziale e qualitativa. Veniamo ad una analisi più particolareggiata di questa strana etichetta: in alto alla base del collo leggiamo il nome del vigneto, Monte Vegro, e della località, Iliasi. Siamo nell’area dell’Amarone e anche per questo, un Cabernet rappresenta una sfida anche alla tradizione. Nella parte ampia dell’etichetta, tutta molto scura, leggiamo quello che potrebbe essere definito come un nome di linea, “Mai Dire Mai”, anch’esso, concettualmente sfidante. Subito sotto, con un “andamento collinare”, il nome “Fear No Dark”. Poi l’iconografia della sede e il nome del produttore alla base. Certamente sarà difficile un “colpo d’occhio” sullo scaffale con questi toni notturni, ma l’originalità c’è, soprattutto per quanto riguarda lo storytelling.