Cà Povolta, Soave, GI s.p.a. Trento.
Sarà un gioco di parole, per altro non troppo ben riuscito, a far vendere di più un vino? Può essere. Non abbiamo accesso ai dati di mercato di questo imbottigliatore. E non ci interessano nemmeno. L’etichetta invece sì, vale qualche attenzione, se non altro per la sua indole “acchiappa clienti” da mercati generali. Dunque ecco l’elaborato: il visual è quella nota immagine utilizzata dagli psicologi per vedere chi ci trova un coniglio e chi altri una papera. Già visto e stravisto e molto probabilmente utilizzabile senza necessità di pagare diritti di copyright. Il nome del vino (o se volete dell’azienda) è “Cà Povolta”. Facciamo fatica a cederci, ma è scritto proprio così. Allude, certo, alla possibilità di capovolgere l’immagine sottostante per poter vedere il secondo animale. Il gioco continua anche alla base del packaging con la scritta relativa alla Doc (Soave) a testa in giù. Il senso di tutto questo? Forse non c’è. Gli inglesi parlano di “nonsense”. E forse è proprio questo l’insegnamento di questa etichetta: il senso della vita (della vite, in questo caso) che non c’è, o che non lo si vuole cercare o trovare. Vale tutto purché riesca ad attirare l’attenzione? Forse sì. Comunque, papera o coniglio, un senso prima o poi bisogna prenderlo. Più facile dopo due o tre calici.