Lucino, Greco Novarese, Barbaglia.
Sono molti i nomi di vini, nell'Alto Piemonte, che alludono a luce, lucentezza, luminosità, etc., per affermare (quando c'è) un nesso con il vitigno Erbaluce. Questo perché al di fuori dai confini della DOCG di Caluso (e dintorni), tracciati dal relativo disciplinare, la legge proibisce addirittura di nominare l'Erbaluce in etichetta così come su qualsiasi altro supporto di comunicazione delle aziende che producono vini derivati da questo vitigno. Le aziende che non rientrano nel disciplinare ufficiale dell'Erbaluce di Caluso, sono costrette a chiamarlo impropriamente "Greco Novarese" o genericamente "Bianco Colline Novaresi". Diciamo anche inopportunamente perché "Erbaluce" è un bellissimo nome, inoltre le parole "greco" o "bianco" sminuiscono un vitigno che invece è tra gli autoctoni italici di maggior potenziale organolettico. È probabile che i produttori di Caluso siano così gelosi del proprio Erbaluce da proteggerlo in modo esagerato (sempre che siano loro a fare pressioni affinché la legge operi i suoi impedimenti, questo non lo sappiamo e non possiamo quindi affermarlo). Ma la logica dice che se l'Erbaluce "indefinito" non ha la DOCG e nemmeno può affiancare il nome "Caluso", già questo basta abbondantemente a distinguere le due zone e le distinte produzioni. Ma si sa che in Italia, soprattutto nel mondo del vino, invece di fare squadra, ci facciamo ancora la guerra da un campanile all'altro. Chissà quando finirà. Forse mai. Ma torniamo al "Lucino", nome di questo vino, prodotto dall'azienda Barbaglia (nota soprattutto per il Boca Doc, un Nebbiolo sorprendente) nei pressi del Lago Maggiore, sulle colline che conducono a sud verso Gattinara e a nord verso il Monte Rosa. Lucino è diminutivo simpatico, affettuoso, breve e foneticamente accattivante. La luce alla quale allude, dicono i viticoltori, è quella che attraversando gli acini di questo vitigno, a maturazione e al tramonto, assume un colore ambrato davvero magico, suadente, romantico. L'etichetta del "Lucino" presenta un design abbastanza classico, senza concessioni a spunti creativi, sia pure con equilibrio ed eleganza che lo sfondo nero e i particolari in oro sempre donano al packaging. In alto, il nome e lo stemma aziendale, alla base un ghirigoro artistico che al suo interno accenna a tre piccoli cuori e conferma così l'indole romantica di questo vino che, a tavola, ha il potere di illuminare gli occhi dei commensali, oltre a titillare il palato.