Barolo, Gregorio Gitti, Castello di Perno.
È la volta dello strano caso dell’azienda vinicola (a Monforte d’Alba) che è anche un editore di libri d’arte (a Brescia). Si dirà: l’arte e il vino sono sempre andati d’accordo. Ma vediamo gli elementi distintivi della comunicazione a partire dall’etichetta. Innanzitutto il logo, un esagono (o celletta d’ape, se vogliamo essere ecologici piuttosto che geometrici) ma potrebbe essere anche la testa di un bullone (l’azienda si chiama Castello di Perno). Molto spartano il logo, molto spartane le etichette. Prendiamo qui come esempio quella del Barolo (l’azienda produce anche Nascetta, Dolcetto, Barbera, Nebbiolo, tutti vini con la medesima etichetta, cambia solo il colore del profilo dell’esagono grande). La prima reazione, per una analisi tecnica del packaging, è di imbarazzo. Molto bianco (e fin qui niente di male) con elementi “sparsi”. La cornice dell’esagono grande taglia la scritta “Barolo”, isolando (diciamo inglobando) le lettere “Ba”, in modalità formula chimica. Si intravede (poco) una specie di stemma grigino al centro dell’esagono e in basso a destra, con lo stesso tono di grigio, una sigla: “GG”. In alto a destra, sotto all’esagono piccolo a pieno colore, il nome e cognome del titolare: Gregorio Gitti. Se si tratta di arte, potremmo definirla contemporanea? Se si tratta di grafica, forse di germanico rigore. Se si tratta di packaging probabilmente siamo di fronte a una genialità incompresa.