Di bello questa etichetta ha lo stimolo a scoprire il racconto del vitigno che si manifesta attraverso uno strano nome, “Naigartèn”. Altro non è che il dialettale (emiliano) di Negrettino, antica uva locale, per molto tempo abbandonata e “rinverdita” da questa piccola azienda che si trova a Monteveglio, sulle colline bolognesi. Ma torniamo all’infelice etichetta. Il packaging è davvero ridotto ai minimi termini: due fasce laterali bianche riportano, a destra, il nome del produttore Gradizzolo, e a sinistra quello del vino (ripetendo, diciamo inutilmente, “Naigarten” visto che si legge già nella parte centrale). Al centro un fondo bordeaux chiaro con un fiore stilizzato in alto (logo aziendale) e un quadrato dove viene riportato, spezzettato, il nome del vino. Stop. Dire essenziale è un complimento. Diciamo che la nota cromatica tendente al rosso potrebbe attirare l’attenzione. Subito dopo la sensazione è quella di trovarsi di fronte a un’etichetta che non trasmette un minimo di emozione. Non rimane che libare ai lieti calici!