Frojo, Falanghina, Tenuta Vitagliano.
Ci sono nomi di vini che non si sa come pronunciare. In realtà questo si ha “paura” di pronunciarlo. Insomma, soprattutto negli ultimi anni sono aumentate le situazioni in cui certe parole non vengono accettate facilmente. In pratica è meglio non pronunciarle. Offendono, si dice. E quindi anche noi non la scriveremo quella parola, ma vi invitiamo a leggere il nome di questo vino e quindi a pronunciare come vi viene (quella parola). Che fare? Che dire? La modalità sorprende, anche perché non si tratta di una accezione nuova, anzi, affonda le sue radici nei secoli. Allora abbiamo provato a cercare se “Frojo” (testuale, il nome del vino come riportato in etichetta) possa avere qualche altra derivazione. Risultato: niente. Uno studio legale frutto del cognome del titolare. Nel caso di questa azienda vinicola irpina l’origine del nome di questa Falanghina, anche nel sito internet, non viene giustificato in alcun modo. L’azienda ha sede in Valle Caudina, ma niente di più riguardo ad eventuali nomi, cognomi, toponimi, racconti e tradizioni che potrebbero aver consigliato il nome di questo vino. Forse, ipotizziamo, si tratta di un omaggio allo studioso Giuseppe Frojo che nel 1872 scrisse il tomo “Il presente e l’avvenire dei vini d’Italia” descrivendo con particolare cura e dettaglio i vini campani. Ma questo non giustifica l’adozione di questo nome che può generare imbarazzo o peggio ancora ilarità. Per il resto l’etichetta è piacevole, bello l’arcaico logo in alto, bella e originale l’illustrazione della sirena che emerge dai flutti con un grappolo d’uva in mano.