Matto, Verdicchio dei Castelli di Jesi, Filodivino.
Questa volta, per iniziare, citiamo subito la definizione che riguarda il nome del vino in esame, fornita dal produttore: "Matto" è una particolare abbreviazione di Matteo, l’enologo della ciurma. Un richiamo al suo nome e alla fantasia che gli ha permesso di interpretare il Verdicchio e creare un prodotto dal profumo unico e dal sapore particolare. Rispetto al classico Verdicchio? “Sfacciatamente fresco, il vino ideale da bere in barca, tra amici.”. Ci sono già sufficienti evocazioni per farne una storia. Il tutto partendo da un nome (di battesimo), trasformato in un nome di un vino. A volte le idee, come direbbe Paolo Sorrentino, il "favoloso" si nasconde tra le pieghe di una descrizione, sia pure figlia di fatti reali e passione sincera. Quindi "Matto", un nome un po' folle se vogliamo, è l'appellativo di questo Verdicchio dei Castelli di Jesi, "ideale da bere in barca, tra amici". Niente da dire. Nemmeno sull'etichetta che risulta molto "snella", graficamente pulita e rassicurante. Il design gioca con fili d'inchiostro che materializzano, tra altre trame, anche il nome dell'azienda, in bella evidenza: Filodivino. Il risultato complessivo è saggiamente dotato di un equlibrio particolare: una sana spontaneità nel comunicare, che spesso sopperisce a tanti ammennicoli. E per concludere in modo ugualmente fuori dagli schemi ecco una digressione del produttore (tratta dal sito aziendale), sull'esordio di questo vino: “Non ci scorderemo mai il suo primo giorno di scuola, al Prowein 2015: l’eccitazione mista a tensione, la voglia di scoprire le reazioni del pubblico e cercare di esprimere tutto il lavoro alle spalle della bottiglia. L’osservazione reciproca tra lui e gli altri scolari, i cui grembiuli sembravano tutti più inamidati, l’emozione di presentarsi ai quattro venti come l’inizio di una storia. Il Matto è stata la prima indimenticabile bottiglia stappata per il pubblico.”