Siamo tutti maggiorenni e vaccinati (si fa per dire), capaci di intendere e di volere (si spera) e liberi di interpretare quello che vediamo e leggiamo secondo le nostre personali esperienze e modi di essere. Certo che questa etichetta può essere interpretata con almeno due modalità diverse. Ma per non pensar male (più che male, diciamo, in modo equivoco) presentiamo prima la spiegazione del produttore: “Nasce da una vigna di Sangiovese che prende il nome dal terreno su cui è piantata: a memoria d’uomo ogni anno un gran numero di femmine di fagiano hanno scelto questo luogo per nidificare. Nella posizione più elevata ed esposta al sole, la vigna di Fagiana produce i grappoli migliori, piccoli e spargoli“. Tutto bene, c’è una ragione che pesca in ambito locale, aneddotica ma plausibile, che giustifica il nome del vino “La Fagiana” e l’illustrazione in etichetta (una penna di fagiana, si direbbe, sia pure accennata al tratto). Spingendoci verso territori perigliosi e senza girarci troppo in giro, nella terminologia popolare la fagiana è anche altro che un pennuto gourmet. E la raffigurazione nel packaging potrebbe confermare, in un certo senso, questa interpretazione alternativa. A questo punto rimane un dubbio fortissimo: tutto questo è stato voluto oppure frutto di innocenti evasioni? Insomma San Quintino ci è o ci fa? Non lo sappiamo. Ci piace immaginare che in ogni caso l’obiettivo è stato quello di attirare l’attenzione. In un modo o nell’altro.