Ci sono bottiglie di vino (parliamo sempre di etichette) che sembrano farlo apposta: non sanno esprimersi. Cioè non riescono ad offrire al pubblico una comunicazione efficace. Questo packaging è un esempio di design “tutto testo”, nel senso che nello spazio reso disponibile dall’etichetta risulta come elemento unico un nome. In questo caso, più che un nome potremmo parlare di lettere accatastate. Il nome alla fine si riesce a leggere. Anche se non è immediato. Si tratta di “Nivuro Nostrale”. E anche una volta intercettato, per questo nome diviene assolutamente necessaria una spiegazione. Il nome di questo vino è quindi difficile, sarà perché si esprime nel dialetto di Pantelleria (sede dell’azienda e delle vigne), sarà per quella spezzettatura che lo propone in verticale, sarà il carattere di scrittura molto schizzato (da film horror). E comunque anche la sua traduzione non è facile. Scopriamo che il nome del vino è il nome del vitigno che lo compone (in dialetto locale, appunto). Un vitigno che viene chiamato Pignatello ma che in realtà è noto ai più come Perricone. Il percorso è a ostacoli ma almeno esprime autenticità e tradizione locale. Anche nella parte destra dell’etichetta le scritte non sono leggibilissime. Quasi un corsivo. Caratteri piccoli. Logo dell’azienda anch’esso piuttosto “accennato”: Tanca Nica (la “tanca” in Sicilia è un “piccolo terreno terrazzato”). Nel complesso risulta un’etichetta che non riesce a farsi ricordare. Sicuramente potrà farlo il vino, visto che questo piccolo produttore (Francesco Ferreri) è davvero stimato, per la qualità che produce, da parte di tutto il capriccioso mondo degli “intenditori”.