Tokaterra, Passito, Vinicola Cherchi.
Solo una parola, un nome: “Tokaterra”. Non ha molte spiegazioni (di fatto non ne ha, da parte del produttore) se non il significato lineare, tolta la “k”, assimilabile a “tocca terra”. Forse l’uva di quel vigneto matura su rami bassi, vicino a terra (ma sarebbe troppo rischioso per la salubrità dei grappoli), forse si tratta di un vino che, bevuto, ti riporta con i piedi per terra piuttosto che farti volare in alto. Sappiamo che si tratta di innominabili “uve autoctone a bacca bianca” (no, il tokaj non c’entra) e che siamo a Usini, in provincia di Sassari, Sardegna. E che il vino è dolce, una specie di passito. Per il resto l’etichetta non dice molto, presentando, oltre al nome del vino, in verticale a tutto campo, il logo aziendale in basso, formato da una sagoma di un paesello e dalla scritta “Vinicola Cherchi”. Packaging effimero, ristretto, forse timido. Nome insolito, che skappa via senza arte né parte (la “k” è voluta). Genera dubbi, avrebbe potuto generare maggior pensiero strategico nella fase realizzativa.