Forabuja, Trebbiano e Malvasia, Val di Buri.
Il naming di questo vino che viene dalle colline pistoiesi si può definire un esempio di unicità. E come si manifesta la singoarità, nel nostro nuovo mondo digitale? Semplice: se inizio una ricerca su Google con una parola (in questo caso il nome “Forabuja”) e i risultati (tutti i risultati) riguardano esattamente il prodotto che ha quel nome… ho fatto bingo! Nel senso che non ci sono problemi nell’essere in cima all’elenco o nella prima pagina della ricerca perché tutte le risultanze portano all’obiettivo. “Forabuja” non è un nome facile da leggere, da pronunciare e da ricordare, ma ha il vantaggio di essere unico e quindi originale. Nella ricerca di un nome (in questo caso si tratta di un toponimo di una vigna) sarebbe auspicabile trovare una soluzione particolare, non replicabile, ma anche foneticamente e concettualmente valida. Non si può avere sempre tutto ma almeno ci si può provare. Il vino in questione è un “orange” molto genuino (solo 300 bottiglie ogni anno) prodotto da una coppia di giovani viticoltori, Marina Ciancaglini e Giacomo Lippi che vivono e lavorano a Baggio, appena fuori Pistoia, in zona Valle delle Bure, infatti l’azienda si chiama Val di Buri (le “Bure” sono le tracce scavate dai torrentelli che confluiscono nel fiume Ombrone). Vitigni autoctoni, agronomia supernatural, passione oltre misura, tante buone qualità in bottiglia.