Chorus, Fiano di Avellino.
Molti "difetti" nell'etichetta, molti pregi in bottiglia. Dicotomie che in Italia spesso si manifestano in ogni regione e per ogni tipologia di vino. Siamo di fronte a un valido Fiano di Avellino, venduto dalla Gdo con un ottimo rapporto qualità-prezzo. Ma l'etichetta non gli rende onore e merito: sia pure che il colore giallo risulti molto visibile in scaffale, quella forma rotonda che ricorda banalmente un adesivo non è certo valorizzante. Un grappolo d'uva stilizzato in modo decisamente anonimo (ricorda piuttosto le sfere dell'albero di Natale), contiene il nome, in parte scritto su un acino, "Cho" e in parte fuori di esso, "rus", davvero poco visibile per il colore bianco del carattere che va a perdersi un un mare di giallo. Idem per la denominazione scritta in basso a destra, vittima del medesimo problema. Il nome sarebbe anche di un certo "tono" culturale (anche se più adatto per un vino in assemblaggio, concettualmente), se solo si riuscisse a leggere bene (le interruzioni cromatiche di una parola, in ogni caso non agevolano la leggibilità). Un'etichetta, quindi, che vuole essere moderna ma riesce solo ad essere confusa.