Sgajo, Prosecco Doc Treviso, Perlage.
Dunque, nell'ordine parleremo brevemente di nome, etichetta e logo (della certificazione) di questo vino. Premessa: sta dilagando l'offerta di vini che si professano "vegani", per dare una risposta alla crescente domanda di questo tipo di alimentazione (dicono gli addetti al marketing). Probabilmente è un "bolla" destinata a non durare molto, ma comunque sia le etichette "verdi" sono sempre di più sugli scaffali. Il nome: "Sgajo". Apprendiamo essere una versione dialettale veneta di "ganzo" (come direbbero in Toscana), cioè "tipo in gamba". Bene, questo prosecco verdolino quindi è "figo". O almeno promette di esserlo. Etichetta: codice verde (anche sul collo della bottiglia) per spingere la percezione di "bio" (questo vino appartiene a questa categoria) e di vegetarian-vegano. E qui sta il punto (il terzo punto: il logo della certificazione).
Un logo emanato da una società che si chiama CSQA Valoritalia "ente certificatore indipendente che garantisce i prodotti secondo il disciplinare dell’Associazione Vegetariana Italiana", si legge nel sito dedicato. Il logo dice: "Vegan - Qualità Vegetariana" e a noi sembra una contraddizione in termini. Perché vegetariano non è vegano (ripondono a regole alimentari diverse) e viceversa. Questo per dire che nel dilagare della moda si insinua anche un po' di confusione. Della quale le etichette italiane dei vini sono già mediamente ricche. Per la cronaca e la corretta informazione: negli spumanti che possono essere definiti "vegani", in fase di chiarifica, i coadiuvanti normalmente utilizzati (a base di caseina, derivata dal latte, o di albumina, derivata dalle uova), vengono sostituiti da estratti del lievito e di pisello (vegetali).