A volte è meglio scegliere la semplicità rispetto alla complessità. Nel vino come nel packaging. Ecco qui un esempio valido e concreto di vini che parlano una lingua semplice e diretta. Si tratta della "base" produttiva di una stimata cantina veneta: Fasoli Gino. Vino "senza solfiti aggiunti", infatti nella descrizione nel sito web l'azienda dice: "È solo grazie all’accurata selezione di uva eccellente e alla grande attenzione necessaria in ogni fase della lavorazione, che è stato possibile creare un vino “di una volta”, alta espressione di tradizione e moderna tecnologia. Senza l’aggiunta di lieviti né di solforosa, il “B” è un vino particolarmente vitale e di pronta beva. Consigliamo di consumarlo entro un anno dall’imbottigliamento ed entro poche ore dall’apertura, prestando particolare cura alla conservazione per mantenerne inalterate le particolari caratteristiche organolettiche". "B" cone Bianco, quindi (anche se il vino, grazie alla prolungata macerazione appare decisamente "orange") e "B", diciamo noi, anche come semplicità di approccio comunicativo. Nell'etichetta quella grande B in corsivo diventa nome, simbolo, immagine, tutto insieme. In una parola: semplificazione. L'impatto, considerata appunto la sua formulazione, è ottimo a scaffale, e così anche immaginato su una tavola imbandita. Certo che un nome sarebbe stato più caratterizzante: la semplicità a volte pecca di "genericità", ma l'effetto è buono e promette efficacia in termini di ritorno commerciale. Logico che il Rosso (corvina) si chiama "R".