G’Oceano, Arvisionadu, Cantina Arvisionadu.
Questo vino, invero molto interessante anche come prodotto, ci fornisce l’occasione di parlare di alcune curiose accezioni. Innanzitutto il nome del vitigno in questione: un autoctono quasi sconosciuto che si chiama Arvisionadu e che distingue anche la cantina produttrice (il cui logo è una A maiuscola). Vediamo subito da dove nasce questo nome secondo quanto riferito dal sito web aziendale: “Arvisionadu, avresiniadu, alvu signadu, arvusiniagu: un nome composto da arvu o alvu (bianco in lingua sarda) e signadu o sionadu (segnato in sardo, cioè segnato di bianco, “albus signatus” in latino, marcato con un fiocco, un sassolino bianco, col gesso, come facevano gli antichi romani che frequentavano la zona di Luzzanas e conoscevano il vino, per segnare le cose buone, le giornate fauste da ricordare”. Molto interessante: la questione ruota attorno a un riconoscimento di alta qualità, diventato nome distintivo e così giunto fino ai giorni nostri. Ma anche il nome del vino merita un approfondimento: “G’Oceano” è un adattamento del nome della sub-regione sarda che si chiama appunto “Goceano”. Questo nome, per quanto riguarda questo vino gioca, per mezzo di un apostrofo, con la parola “oceano” (ove di mare non se ne parla nemmeno visto che questa regione della Sardegna è quella più lontana dalle coste e cioè posta esattamente al centro dell’isola). Ma vediamo da dove arriva, con le parole di Wikipedia, questo nome: “Secondo Giovanni Francesco Fara, storico del XVI Secolo, il Goceano, in latino Gothiani, probabilmente deve il suo nome ai gruppi di Goti che ivi si stabilirono. Gli Ostrogoti occuparono brevemente l'isola tra il 551 e il 552. Secondo un'altra interpretazione Goceano o Guttiánu deriva da gúttiu (goccia), ad indicare la ricchezza di sorgenti d'acqua“. Se aggiungiamo che l’azienda opera nel tancato di Luzzanas (secondo quanto riferito dal sito internet della medesima) il quadro semantico si fa complesso e misterioso, infatti il termine “tancato” non risulta nemmeno nel vocabolario della Treccani che si limita a riportare “tanca” come “...appezzamento di terreno recintato con muretti a secco o con siepi di fichi d’India”. Tornando all’etichetta di questa bottiglia e commentando il suo design possiamo dire che l’azzurro è davvero molto ottico, molto intenso, forse troppo per un vino bianco. Ottico anche il decoro rotondo al centro, tipico dell’arte antica decorativa della Sardegna. L’impaginazione è pulita e ordinata, la visibilità è assicurata.