Che Syrah sarà, Syrah, Madrevite.
Si scrive Sirah, Syrah, oppure Shiraz con un alone semantico arabeggiante? Contorta e irrisolta questione che qualcuno, come Madrevite, accoglie in modo giocoso. Perché ci vuole coraggio a chiamare un vino “Syrah quel che sarà”. Un tipo di coraggio di quelli coraggiosi, condito con voglia di sorprendere e di non prendersi troppo sul serio. Apprezzabile davvero. Vediamo in dettaglio questa bottiglia. Nasce sul lago Trasimeno a circa 300 metri s.l.m. e si presenta con un’etichetta “fresca”, giovane, spigliata, nonostante si tratti di un vino rosso di un certo spessore. Alla base del design una fascia azzurra. Il lago, dove una barchetta dalle vele rosse si dilegua nel rèfolo pomeridiano. Poi: molto bianco, dove campeggia con indiscutibile presenza scenica il nome del vino. Ma la vera scoperta filosofico-creativa risiede nelle piccole illustrazioni a lato, incolonnate in verticale nella parte sinistra dell’etichetta. Perfettamente in linea con il significato del nome del vino, vediamo raffigurati gli imponderabili elementi della meteorologia sovrastati da un radice di vite. Simbologie, quasi geroglifiche, che richiamano all’importanza della natura e sostanzialmente alla sottomissione dell’uomo ad essa. Bravi: creativi con un pensiero profondo in più. Simpatico anche il cognome del titolare dell’azienda: Chiucchiurlotto (Nicola). Cosa desiderare di più?