Etichetta particolare per diversi aspetti. Sul fronte leggiamo innanzitutto il nome del vino in grande evidenza: “Elfo”. Niente di particolare se non il romantico, ecologico, fiabesco richiamo ai piccoli esseri della foresta vestiti di verde (col cappello rosso). Alla voce Elfo, Treccani risponde: “Nella mitologia germanica, piccolo essere semidivino, generalmente benevolo, che vive nelle caverne, nei boschi e in altri luoghi inaccessibili, in allegre e festose comunità“. A parte le origini tedesche del termine che nulla hanno a che fare con un vino autoctono pugliese, forse un riferimento plausibile riguarda le “allegre e festose comunità” che immaginiamo si possano radunare attorno a questo Negroamaro di elevata gradazione. Procedendo nell’analisi del packaging vediamo che il nome del vitigno in alto è scritto in blu (colore discutibile in quanto poco “alimentare”) e con un carattere (font) che ricorda quello dell’Amaro Averna. E vista l’identità delle due accezioni potrebbe verificarsi un problema di cortocircuito percettivo. Quindi leggiamo la poesia dedicata al vino che troviamo al centro dell’etichetta e scopriamo dei termini non proprio lusinghieri: t’insulta, t’uccide, t’agghiaccia, t’atterra. Oltre al fatto che il vino viene definito “liquore”. Diciamo che si tratta di una etichetta impulsiva. Non frutto di meditate riflessioni.