Non c’è molto da dire su questa etichetta, perché in effetti c’è poco “da vedere”. Fondo bianco, nome dell’azienda alla base, due righe di separazione, nome del vitigno poco sopra, e un enigmatico tratto arancione al centro. Certo, almeno il colore vivace attira l’occhio, ma resta un dubbio sull’interpretazione di quel disegno. Andiamo con ordine: si tratta di un Fiano di Avellino di una azienda ben strutturata e con un sito internet moderno e funzionale. Molto bella la cantina, realizzata con una architettura di design. E le etichette? Mistero. Tutta la gamma è caratterizzata da tratti appena accennati, molto rastremati, diciamo “immaginativi”, come questo “scarabocchio” che vediamo sulla bottiglia del Fiano. Cosa potrebbe rappresentare (andiamo per tentativi)? Un muro, i tralci di una vite, arte moderna, un geroglifico, una scritta in qualche idioma orientale, i contorni di un paesaggio, un quadro astratto, il cielo in una stanza, chissà. Non potendo dire di più, a questo punto, di curioso, segnaliamo il nome della frazione dove ha sede l’azienda: Scorzagalline, che è diventato anche il buffo nome del Taurasi Riserva, per altro l’unico vino in gamma dotato di un vero e proprio nome.