Joy, Prosecco Rosé, Forchir.
C’è chi contro il Prosecco Rosé intraprenderebbe una crociata. C’è chi lo sta trasformando in un business di sicuro successo. Certo, il colore del prodotto è ammaliante, ma va vestito comunque con eleganza e accuratezza. In questo caso ancora più che in altri vini, il packaging riveste un’importanza determinante. Vediamo come se la sono cavata in Forchir, grande e noto marchio vitivinicolo friulano. Il nome del vino è “joy”, la gioia. Come dire la festa, l’allegria, la gaiezza, l’euforia, la convivialità. Il nome viene scritto su due piani diversi, come un letto a castello: sopra “jo” e sotto “y”. Ci può stare. Non è bello spezzare i nomi ma in questo caso ci sono solo tre lettere e quindi il tutto risulta quasi come un gioco grafico, che comunque assicura la leggibilità. Sotto al nome del vino leggiamo “Prosecco” in corsivo, come una firma. Il fatto che sia un vino rosato lo si capisce dal colore del vino (posto giustamente in un vetro neutro, non colorato, per intenderci). Stona il marchio del produttore in nero: rompe la magia cromatica di tutto quel rosa. Bottiglia dalla forma inusuale (che, a dire il vero, molti prosecchisti hanno adottato negli ultimi anni). Il design è semplice, pochi elementi ben in vista, abbastanza omogenei, buona memorabilità, eleganza “giovane”, velleità da aperitivo snob ma anche no. Dipende tutto da quanti bicchieri se ne bevono.