Sì, avete letto bene: questo vino si chiama Aὐτόχϑ∞ν che in greco antico significa autoctono. Il produttore ci tiene a precisare che la ragione di questo appellativo risiede nella rigida adozione di lieviti indigeni, quindi autoctoni, con fermentazione spontanea. Addentrarsi nel dedalo delle traduzioni e interpretazioni dei simboli del greco antico è molto complicato. E tornando alle questioni di naming da fruitori della comunicazione, di certo non risulta semplice nemmeno la percezione di questo nome. La prima parte viene letta come in italiano (auto), poi ci si perde in lettere semisconosciute. Il significato che il produttore di questo vino vuole trasmettere è pregnante e corretto, ma la modalità lascia qualche strascico semantico. Se ben spiegato, vale lo sforzo, ma senza una adeguata erudizione rischia di perdersi e quindi di far perdere gradimento e di conseguenza acquisti. D’altro canto, la sua estrema originalità (niente di simile nel panorama dei vini italiani), può suscitare interesse e simpatia. Tra l’altro l’etichetta graficamente presenta uno stile molto “datato”. Ma come sempre in questi casi, il resto lo fa il prodotto, all’assaggio. E siccome si dice in giro che questo sia un vino di grande qualità, il suo futuro è garantito, che in greco dir si voglia (“méllon”, μέλλον, che è “futuro” e non melone).