Se ne vedono di tutti i colori per quanto riguarda la creazione di etichette "moderne" o presunte tali. Per i colori, appunto. Per le grafiche, che spesso privilegiano grandi lettere tipografiche. Se ne vedono di forme e di concetti svariati, variegati, svarionati. Ma alla fine è il gusto che è chiamato a dominare la scena. Il gusto, l'intelligenza, la creatività, l'estro, le idee. Ecco qui un esempio di "etichette moderne", che vogliono cioè uscire dagli schemi "classici", ma che lo fanno in modo squisitamente elegante. Caratterizzate da grandi lettere (di fatto sono evidenzioate delle lettere che rappresentano la sintesi dei nomi dei vitigni che compondono i vini: Ch per lo Chardonnay, Pn per il Pinot Noir, una strana Ö che sta per Öreghegy il nome del vigneto, in questo caso). Armonia nei colori, quelli sì che rimangono "sul classico": diciamo che sono adatti ai vini che rappresentano. Armonia delle forme e nell'impaginazione, e anche nei "pesi", cioè nel dimensionamento dei vari elementi che partecipano alla "costruzione" dell'etichetta. Belle carte, inchiostri speciali, ma tutto nei limiti (anche se non è corretto parlare di limiti nella creatività) di quel gusto, citato all'inizio di questo commento: un gusto che "fa la differenza". Nelle cose della vita, e anche nel naming e nel packaging per il vino.
Etichette Intelligenti
Dofì, Priorat Doc, Alvaro Palacios.
Intelligenti come il delfino, protagonista ed emblema di questa etichetta che si presenta in modo gentile ed elegante. Inoltre è anche ironica e giocosa ma senza perdere autorità. Colori chiari, tratti leggeri, impaginazione equilibrata. Un piccolo delfino dorato e coronato fa il giocoliere con una bottiglia di vino sul muso. Un'immagine semplice, in grado però di attivare le sinapsi dell'attenzione e della memorabilità. A volte basta poco, ma ci vuole un'idea. Il nome del vino, in evidenza come dimensioni e "presenza" grafica, è una contrazione quasi poetica di "delfìn" in spagnolo. Anch'esso può contare su un paio di "vantaggi", in questo caso semantici: sintesi e simpatia. Garbo e intelligenza: qualità che "ripagano".
Roma Amor
Un caso eclatante nella sua semplicità: tempo fa il Ministero dell'Agricoltura decide di creare la Doc Roma (non senza seguenti polemiche). "Ti piace vincere facile? Recita una recente pubblicità. Si tratta di fatto di una "zona vinicola" non certamente pregiata (e questo è emblematico: gli Antichi Romani hanno portato la cultura del vino in tutta Europa e i romani di oggi non avevano ancora una Doc) che produce vini rossi con vitigni "mutuati" dalle regioni limitrofe, salvo, forse il Cesanese di laziale stanzialità. Ebbene ecco dimostrata la forza di un nome (che non è stato creato ad-hoc ma erà già lì pronto da cogliere) come Roma che sfrutta la notorietà in tutto il mondo della "città eterna". Il successo è assicurato, soprattutto a livello turistico, molto "spicciolo", ma anche per le esportazioni. Quel nome ben evidente su una bottiglia di vino rosso assicura già una base di vendite dall'introito considerevole. Potrebbe funzionare anche con "Firenze"o "Venezia" o "Siena", logicamente.
Sua Azzurrità il Tralcio
Si vede che di notte in Ontario la vigna, sotto la luna, prende un tono azzurro-notte. Come in ogni altra parte del mondo, forse. Ma tra gli azzurri "poco alimentari" e quindi poco "vinicoli" questo è uno di quelli accettabili. Il tralcio in primo piano, azzurro chiaro, si staglia in un fondo azzurro-notte e quindi emerge con buona eleganza e grazia. Certo che per un vino rosso i codici visivi (perlomeno quelli abituali, diciamo ancestrali) Europei "storcono il naso". Ogni continente ha le proprie logiche e la propria cultura. Dipende a quale "target" ci si vuole rivolgere. Questa etichetta, comunque sia, soprattutto per il mercato nordamericano, si presenta con equilibrio e gradevolezza estetica. Pochi elementi ben enfatizzati, nome principale in evidenza e un po' di poesia nell'illustrazione. Henry of Pelham, in particolare, è il nome dell'azienda, dove Henry è il nome di battesimo di un antico fondatore che gestiva una taverna in zona e Pelham la località sede aziendale nei pressi delle Cascate del Niagara.
Gli Elementi Essenziali
Si tratta della linea di etichette di una azienda vinicola sudafricana che ha costruito una bella immagine di comunicazione attorno a sé. Il sito internet già lo dimostra. La linea di vini "Ancient Earth" oltre a comunicare in modo facile e diretto il concetto di "Terra Antica" o anche "Venerabile", rafforza questa idea di "radici" e "origini" con una pregevole illustrazione che in modo artistico e creativo interpreta la vigna e la sua "interazione" con il terreno. Il tralcio che emerge sulla linea dell'orizzonte è formato da una fantasiosa trama di radici che da sottoterra gli forniscono slancio e linfa vitale. E' un'immagine forte dal punto di vista del significato, ma anche graficamente piacevole. Ne consegue un'ottima efficacia comunicativa. L'etichetta è quindi ben progettata, salvo per i testi che hanno tutti quasi egual peso visivo (Shiraz, Ancient Earth, Bellingham): in particolare il marchio aziendale poteva essere meno invasivo.
Packaging Originali, Nomi Confusi

Col di Manza, Prosecco Docg, Perlage.
Chiariamo subito che "Perlage" non è il nome del vino, ma dell'azienda. Insomma qualcosa non quadra. Andiamo per ordine partendo dall'alto: davvero originale il collo incappucciato di questa bottiglia, un insolito packaging in grado di attirare l'attenzione. La funzione del "cappuccio" con spago oltre che estetica ha una valenza storica, perché riporta a quando era indispensabile trattenere i tappi dei vini spumantizzati per evitare "esplosioni" inaspettate. Originale e caratterizzante anche lo stampo in vetro che riproduce due volatili sulla bottiglia. Ma torniamo ai nomi, nota dolente di questo packaging. Il nome del prodotto è Col di Manza (non propriamente un bel nome), Perlage è il nome del produttore e Rive di Ogliano, si presume, il luogo della vigna. Insomma regna la confusione, anche perché il nome Perlage ha maggiore evidenza (grandezza, colore) degli altri due e potrebbe benissimo essere nome di prodotto, visto che si tratta di bollicine. Col di Manza e Rive di Ogliano, insieme alla necessaria dicitura Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg e alla precisazione "Millesimato", completano un "quadro" molto articolato. Forse troppo. Notare che ci sono delle scritte, in rilievo a vetro, anche alla base dell'etichetta. Si può ben dire che è stato utilizzato tutto lo spazio disponibile, senza considerare che spesso "nel meno c'è il più". Soprattutto nel packaging.
Bella Lì! (ma non Qui)

Viola Violaceo
Il viola miete ancora molti design-victims, almeno in Italia. Il già accennato rischio-scaramanzia, legato al colore viola, di fatto non preoccupa per nulla il resto del mondo che spesso e volentieri abbiglia le bottiglie di vino con un colore che da noi ricorderebbe subito i paramenti funerari. Oltre a questo (cioè oltre al "profondo viola" della capsula, sul collo della bottiglia), l'illustrazione che vediamo come protagonista assoluta dell'etichetta e che raffigura una vigna, sembra proprio un "tunnel dell'ignoto" che finisce nel buio più cupo. Sul nome non mettiamo becco, anche perchè le sue ragioni sembrano insondabili. Che sia una divinità dell'oltretomba?
Lo Champagne Giusto per George Clooney

Love is in the Air (anche i Colori)
Prestige Collection, Prosecco-Moscato, Mionetto.

Mille Bolle Viola

Vini che Raccontano una Storia
Tutto Iniziò Così, Vermentino, Cantine Massidda.
Da qualche tempo si parla di "vino parlante". Facendo riferimento ad un tipo di etichetta, brevettato da una società italiana, che si apre a libro e che consente di argomentare sul vino contenuto nella bottiglia. Le Cantine Massidda invece, hanno pensato di raccontare "la loro storia" direttamente in etichetta, cioè sfruttando lo spazio, certo esiguo, messo a disposizione da una normale etichetta da fronte-bottiglia. Senza quindi altri accorgimenti cartotecnici o innovazioni relativi alla confezione. Le bottiglie sono libri, con un titolo e un incipit che può essere approfondito collegandosi al sito aziendale (anche attraverso il QR code presente sul retro dell'etichetta, quindi con dispositivi mobili).
I nomi dei vini, titoli della storia, incuriosiscono, invitano alla "lettura del vino", anche attraverso il suo assaggio, logicamente. Grafica moderna, elegante, insolita per la presenza di così tante parole. Abbiamo spesso cricato i nomi lunghi (fatti di molte lettere o di parole composte) ma in questo caso la scelta creativa di questa azienda si colloca in un'altra dimensione, facendo un po' categoria a sé.
Angelo Gaja dal '64 a Oggi
Dal 1964 ad oggi le etichette di Angelo Gaja (del suo Barbaresco di "punta") non sono cambiate molto. Il giovane Angelo aveva allora 24 anni e l'azienda era sotto la guida del padre Giovanni: sua l'idea della prima etichetta con il nome in grande e lo stacco cromatico tra il bianco e il nero. Dice ora Angelo che il nero rappresenta il passato e il bianco il futuro. Una "comunicazione" semplice, tutto sommato. Una modalità chiara e lineare, diretta, schietta, che da molti, in questi anni, è stata imitata. I nomi che Angelo Gaja attribuisce ai propri vini di successo spesso sono curiose parole dialettali oppure il nome "locale" del vigneto "cru". Le etichette sono sempre uguali, rimodernate, attualizzate, molto riconoscibili nello stile sobrio, ma anche "furbo", di un nome aziendale in grande evidenza. Il resto lo fa il vino, nel bicchiere.
Mister "Vite" è Argentino
Mr.Vine, Malbec, Mendoza.
Di forma insolita, questa etichetta spicca cromaticamente sul vetro scuro della bottiglia. Si tratta di un Malbec argentino che si chiama Mr.Vine. Traducendo in italiano: "SignorVite" o "SignoraVite", visto che qui da noi la vite è al femminile. Il nome che può sembrare banale e fuorviante (per l'affinità tra "Vine" e "Wine", anche di pronuncia) porta in dote una sua originalità. Quel "Mr." trasporta l'attenzione verso qualcosa di rispettabile, di elegante. La grafica e la forma dell'etichetta, come già detto, confermano una certa classe, pulizia di design, sia pure con dei codici da vino "tradizionale" come il bollo rotondo con illustrato un tralcio(in oro e in rilievo). Un'ottimo lavoro, di gusto ed equilibrio. Mr.Vine si farà ricordare.
Più Rosa Non Si Può
SeriouslyPink, Blend, PfeifferWines.
Un produttore australiano ha creato un rosé d'impatto. Non sappiamo se al naso o in bocca (non l'abbiamo assaggiato), ma sicuramente agli occhi. Etichetta semplice, lineare, chiara, pulita, molto rosa. Un grappolo formato da tante macchie di colore, come gocce di smalto cadute sul foglio, colpisce la retina con un tono fucsia molto vibrante. Il nome "SeriouslyPink", un po' lungo, ma snellito da un carattere di scrittura esile e moderno, comunque incuriosisce ed è dotato anch'esso di personalità. Forse non adatto al mercato europeo ma di sicuro impatto per il resto del pink-mondo.
Un Nome che Canta la Gioia
Agricanto, Liquore alla Frutta, Paladin.

La Comunicazione Fa Volare (il Vino)
Tinto-Blanco-Rosado, Tempranillo e Verdejo, Cantinas del Campo.

Se Non Lo Vedi Non Ci Credi
Qualcuno ha progettato e stampato queste etichette (prodotti venduti da Tesco). D'accordo, è per il mercato inglese. Sono state commissionate da Jamie, un tale gourmet girovagante che afferma la propria competenza in fatto di cibo e vino italiano. E va bene che gli inglesi bevono di tutto ma qui abbiamo veramente toccato i confini estremi del design. Anche volendo interpretarle con una visione kitsch, non se ne esce. Non sono valorizzanti. Dequalificano il prodotto o come minimo lo collocano in altre "aree percezionali". Andrebbero forse bene per una linea di shampoo, di quelli con un profumo fastidioso. E il produttore? Settesoli, grande cantina siciliana (certamente in senso di produzione, 22 milioni di bottiglie), di Menfi, che ha approvato il progetto, altrimenti l'etichetta non sarebbe stata realizzata. Con buona pace per l'immagine e per i suoi detrattori. P.S.: questi vini vengono venduti, tra l'altro, a caro prezzo, 18 Euro a bottiglia per il rosso, ad esempio. Ma su questo, niente da dire. Complimenti a chi lo vende e salute a chi lo compra!
Tante Belle Storie
Questa etichetta racconta una storia: antica, fondata su fatti reali, intrigante, coinvolgente e soprattutto coerente con le caratteristiche del prodotto. Si tratta di una grande operazione di marketing che coinvolge guide, esperti, enologi, comunicatori. L'obiettivo sono le quote di mercato, è chiaro. Ma il lavoro è svolto così bene che si potrebbe anche perdonare il commercialismo sfrenato che sta dietro a questi sforzi (e investimenti). Il nome del vino è Cryptic, la storia, narrata sul sito dell'azienda, visibile qui, racconta di un codice di scrittura per comunicazioni segrete, creato da Re Enrico II di Francia (che tra le altre imprese "strappò" il Piemonte e la Savoia agli spagnoli). La crittologia quindi alla base di questa "misteriosa" etichetta. Le tre "C" raffigurate nel simbolo rappresentano i tre vitigni "segreti", con i quali è composto il vino. L'etichetta in generale ha uno stile grafico prezioso ma anche nitido e diretto. Probabilmente il vino non è tra i migliori della terra, ma tutto quello che ci sta attorno, sì.
Il Linguaggio della Comunicazione
Autin Lungh, Dolcetto, Eraldo Revelli.
Il nome di questo Dolcetto, vitigno che trova le sue migliori espressioni nei pressi di Dogliani, in Piemonte, sembra quasi in inglese, forse anche in gallese o irlandese. Invece si tratta, come spesso accade per i vini italiani, di dialetto regionale. E' il nome dell'antico vigneto da dove provengono le uve di questo vino. Vigna che ha una disposizione particolarmente allungata. Da qui "Lungh" in senso di lungo. Sono senz'altro possibili delle incomprensioni. "Autin" non è una forma dialettale inglese di "Autunno" bensì un nome tradizionale italiano (che non significa autunno). In buona sostanza si tratta di un nome di difficile lettura e di memorizzazione quasi impossibile. Per altro il "visual", termine inglese per dire "immagine" in etichetta, non aiuta la comprensione perché non rafforza quanto viene affermato dal nome (una vigna allungata) bensì illustra un ramo di more selvatiche. Notiamo anche che la "R" del copyright vicino al nome è inusitata e graficamente fastidiosa. Ambiguo anche il logo "ER" che sintetizza il nome del produttore (Eraldo Revelli).
Carta Canta
Crisp White, Sauvignon Blanc, Chateau Crisp.

Il Giallo delle Tre Torri
Trebbiano dell'Emilia, Tre Torri.
Un caso eclatante: un produttore emiliano per il proprio Trebbiano frizzante, crea un'etichetta che di fatto raffigura tre torri. Peccato che la raffigurazione in oggetto corrisponda esattamente alle torri situate nel comune di Albenga, in Ligura, simbolo di quel paese, tra l'altro molto turistico e quindi noto a molti. Ma come? Per caratterizzare un vino emiliano si sceglie un simbolo del territorio ligure di ponente? Come è possibile commettere una simile "svista"? Tant'è che il comune di Albenga ha diffidato il produttore emiliano che adesso probabilmente si vedrà costretto a sostituire tutte le etichette affrontando costi considerevoli. I "confini" del packaging a volte superano ogni immaginazione, ma in questo caso l'errore è sconcertante.
Lo Champagne è Donna
Belle Epoque, Champagne, Perrier Jouet.
Spesso le etichette dei produttori di Champagne sono rivolte alle donne. Hanno un'indole femminile nella proposta di comunicazione che "contengono". Certamente le prestigiose bollicine francesi sono tenute in buon conto dal gentil sesso. Una nomèa che si conferma con pubblicità che evocano appuntamenti galanti, cene romantiche ed evasioni erotiche. Il rischio è di sbilanciare quella particolare forma di pubblicità che di fatto è l'etichetta di un vino, verso territori non riconoscibili dalla parte maschile del "target". Insomma lo Champagne non è macho (e forse nemmeno mucho). Perrier Jouet da sempre adotta "vestizioni" floreali per le proprie bottiglie, un cliché ormai consolidato che fa parte del modo di comunicare dell'azienda. In questi due specifici casi, vini molto femminili anche nella sostanza, il Blanc de Blanc e il Rosé, utilizzando colori pastello con toni flessuosi.
Etichette Come Manifesti: Storico-Culturali
Tres Exilios, Malbec, Eagle Eye.
Questa serie di etichette, create per un distributore americano, celebrano un presidente argentino dalle travagliate vicissitudini. Il nome in particolare, "Tres Exilios" fa chiaro riferimento al fatto che per tre volte Domingo Faustino Sarmiento ha dovuto affrontare l'esilio in Cile prima di tornare in patria. Ma a parte il sia pure importante richiamo storico e culturale, siamo di fronte a un progetto ottimamente sviluppato. Le illustrazioni in etichetta "raccontano la storia" in modo evocativo, quasi poetico, ma con un linguaggio grafico essenziale, lineare, diretto. La scelta dei colori (un po' forti per il mercato Europeo, più adatte a quello oltre-oceano), degli spazi, dei caratteri di scrittura, costruisce una gamma che a livello di comunicazione funziona nel modo giusto, muovendo cioè le "leve" dell'attenzione e dell'emozione. Nel piccolo spazio di un'etichetta viene creato un "manifesto" che racconta. Questo è il packaging.
Esaltazioni Etiliche

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