Dal 1964 ad oggi le etichette di Angelo Gaja (del suo Barbaresco di "punta") non sono cambiate molto. Il giovane Angelo aveva allora 24 anni e l'azienda era sotto la guida del padre Giovanni: sua l'idea della prima etichetta con il nome in grande e lo stacco cromatico tra il bianco e il nero. Dice ora Angelo che il nero rappresenta il passato e il bianco il futuro. Una "comunicazione" semplice, tutto sommato. Una modalità chiara e lineare, diretta, schietta, che da molti, in questi anni, è stata imitata. I nomi che Angelo Gaja attribuisce ai propri vini di successo spesso sono curiose parole dialettali oppure il nome "locale" del vigneto "cru". Le etichette sono sempre uguali, rimodernate, attualizzate, molto riconoscibili nello stile sobrio, ma anche "furbo", di un nome aziendale in grande evidenza. Il resto lo fa il vino, nel bicchiere.