Lindul, Passito, Antonutti.
Ogni etichetta nasce, o dovrebbe nascere, per raccontare. Una storia, una leggenda, un territorio, a volte anche solo un aneddoto. Il raccondo deve essere bello, breve, interessante. E gli elementi che lo compongono (in questo caso gli elementi che compongono l'etichetta, tutti, dal nome alla grafica) devono risultare come un unisono. Concettualente funzionali, percettibili, "rotondi", gradevoli. Il caso di questa etichetta studiata per un produttore friulano, parte dal nome, Lindul, che significa limpido, pulito, nitido (forse troppo "regionalista", ma anche se non compreso da chi non conosce il dialetto, il nome risulta foneticamente gradevole, suadente) e percorre una storia di coppia, l'intesa tra uomo e donna, i produttori, che riescono insieme a produrre un vino "ad arte". Il passito, infatti, più di un vino bianco o rosso, è un prodotto da costruire con pazienza e anche da sorbire con meditazione, consapevolezza, attenzione, idealmente in compagnia di qualcuno in grado di condividere emozioni e sensazioni. Da notare il "folderino" appeso alla bottiglia, poco utilizzato ultimamente, coordinato con tutto il resto e che completa il look un po' retrò.