Provoca scalpore (speriamo non si arrivi agli scalpi) la commercializzazione in Norvegia di un vino "di langa" che utilizza un nome furbo: Barbarolo. Allude senza troppi segreti a Barbera (questa è la scusa, visto che è composto per l'80% di questo vitigno), ma anche a Barbaresco e Barolo con i quali non c'entra nulla. Ufficialmente si fregia della menzione Langhe Rosso Piemonte e dentro ci sono Barbera (80% come già detto) e Nebbiolo (20%). La grafica dell'etichetta ricorda molto da vicino lo "stereotipo" di molte altre etichette di quella zona, e non potrebbe essere diversamente, volendo in un certo modo emulare il successo dei vini di maggior attrazione delle Langhe. Torniamo al nome, Barbarolo. Si tratta di una crasi tra Barbera e Barolo o tra Barbaresco e Barolo? In ogni caso, come minimo il riferimento a Barolo è fuorviante, visto che il vino in questione non può fregiarsi di questa denominazione. Ma è anche vero che non viene utilizzata propriamente la parola "Barolo" ma solo, diciamo così, inserita in un nome composito. Questione di etichetta etica, certo, e nel caso diventasse questione legale (se qualcuno dei produttori del Barolo o il Consorzio avvesse motivo di muovere reclamo alle istituzioni) non di facile soluzione. La dinamica dell'ideazione dei nomi a volte serve anche per raggiungere obiettivi di comunicazione attraverso strade "parallele" di dubbia opportunità. Purtroppo l'unica fotografia disponibile in rete allo stato attuale è quella qui riportata, non di buona qualità, e ripresa da un utente di Vivino, la App che consente di archiviare etichette e descrizioni dei vini e di condividerle in rete.