La Tartufaia, Barolo, Giulia Negri.
Una delle tante Ragazze del Vino (fa "moda" e forse anche marketing), in questo caso in Piemonte, nelle pregiate Langhe, produce questo Barolo che come nome (sottonome a dire il vero) riporta "La Tartufaia". Certo il Barolo è un vino, tra i pochi, che può reggere un antagonismo gustoso come quello che lo metterebbe a contatto con piatti a base di tartufo. Ed è proprio per questo che il riferimento diretto al nobile tubero potrebbe "deviare" la percezione, evocando secrezioni salivari depistanti o quanto meno sensazioni distraenti. Il "concetto" di tartufo viene rafforzato dal logo aziendale, un cane. Per la precisione dovrebbe trattarsi di un Beagle, razza cara alla Regina d'Inghilterra, utilizzata più per la caccia che per gli annusamenti. Un cucciolo di Beagle per l'esattezza.
Dicono che in comunicazione i cuccioli risultano attraenti e simpatici, sarà questa la ragione di questa scelta da parte dell'azienda, anche se, come detto in altri articoli, la presenza "animale" in etichetta non va a toccare corde positive nell'inconscio umano (tranne che per gli adoratori dei Beagle, naturalmente). Per quanto riguarda il design dell'etichetta, la classicità dei caratteri di scrittura, molto "graziati", e la carta goffrata non riescono a sdoganare il prodotto verso regioni semantiche moderniste. Per un Barolo ci può stare, ma anche il Re dei vini italiani avrebbe bisogno di un restyling concettuale. E le etichette (quelle di produttori illuminati) potrebbero fare da apripista.
Dicono che in comunicazione i cuccioli risultano attraenti e simpatici, sarà questa la ragione di questa scelta da parte dell'azienda, anche se, come detto in altri articoli, la presenza "animale" in etichetta non va a toccare corde positive nell'inconscio umano (tranne che per gli adoratori dei Beagle, naturalmente). Per quanto riguarda il design dell'etichetta, la classicità dei caratteri di scrittura, molto "graziati", e la carta goffrata non riescono a sdoganare il prodotto verso regioni semantiche moderniste. Per un Barolo ci può stare, ma anche il Re dei vini italiani avrebbe bisogno di un restyling concettuale. E le etichette (quelle di produttori illuminati) potrebbero fare da apripista.