Mottagrossa, Pecorino, Terre d’Erce.
Il nome di questo vino è in realtà il nome di una spiaggia nei pressi di Vasto, in Abruzzo. Non si tratta di un bellissimo nome, a livello fonetico e semantico, ma quanto meno è geografico, identifica una zona e un concetto di territorialità. Sulle spiagge abruzzesi (e anche su quelle molisane, più a sud) per pescare anche in caso di mare agitato, si usano ancora oggi dei particolari pontili, chiamati “trabocchi”. Ed è proprio uno di questi che è rappresentato sull’etichetta del Pecorino (vitigno) che vediamo qui in alto a sinistra. Non è la prima volta che viene illustrato un trabocco, ma questa etichetta ha una particolarità in più: la soluzione cartografica adottata. Il percorso del trabocco infatti (la passerella in legno che porta alla casetta dei pescatori) è intagliato nella carta dell’etichetta, lasciando quindi una piccola parte con il vetro “a nudo”. Questo accorgimento reca maggiore profondità alla percezione dell’immagine. E impreziosisce la bottiglia. Anche perché incuriosisce e rappresenta una raffinatezza stilistica. L’etichetta nel suo complesso è semplice, prevalentemente nero su bianco. Ma il gioco scenico, grafico e cartotecnico la rendono interessante. Ultima notazione per il nome dell’azienda: Terre d’Erce. Si tratta di una dedica a Erce, Dea della natura e dell’abbondanza, che dà il nome anche a Punta d’Erce, il promontorio dove ha sede l’azienda e i suoi vigneti.