Il nome di questo vino ricorda subito Sancho Panza, personaggio del celebre romanzo “Don Chisciotte della Mancia” scritto da Miguel de Cervantes. Sancho, in quel caso, era l’attendente del personaggio principale, che veniva coinvolto in mille rocambolesche avventure. Invece nel caso dell’etichetta che mostriamo qui a sinistra, si tratta del cognome del titolare dell’azienda vinicola. Assistiamo quindi a un rimando rischioso ai fini della percezione e della comunicazione finale. Molto semplice il design: due parole, “Sancio” con funzione di vero e proprio nome, e “Rossese”, tipologia del vino. Nota negativa: la parola Rossese spezzata in due non facilita la lettura e quindi la memorizzazione.
Il tutto però prende un piglio impattante, sicuramente per il fondo chiaro che evidenzia le due parole in questione, scritte con un corpo molto grande e anche per l’uso di inchiostri luminescenti e in rilievo che donano spunto creativo e qualitativo. Questa pulizia grafica sul fronte, costringe a delegare al retro-etichetta tutte le altre informazioni, raggruppate con ordine giornalistico. Il testo del racconto del vino è ben scritto, con cenni interessanti, parole nuove, coinvolgimenti semantici. Nel complesso si rivelano scelte originali destinate ad influire positivamente nella percezione degli astanti.
Il tutto però prende un piglio impattante, sicuramente per il fondo chiaro che evidenzia le due parole in questione, scritte con un corpo molto grande e anche per l’uso di inchiostri luminescenti e in rilievo che donano spunto creativo e qualitativo. Questa pulizia grafica sul fronte, costringe a delegare al retro-etichetta tutte le altre informazioni, raggruppate con ordine giornalistico. Il testo del racconto del vino è ben scritto, con cenni interessanti, parole nuove, coinvolgimenti semantici. Nel complesso si rivelano scelte originali destinate ad influire positivamente nella percezione degli astanti.