Riesling, Lechthaler.
Non c’è dubbio che questa etichetta possa rivendicare una propria originalità. Non ci sono materiali particolari o soluzioni tecnologiche avanzate come in certe etichette che oggi alcuni designer propongono come oro colato. Ma c’è un’idea. Ed è quello che conta. Le soluzioni tecniche di questa etichetta infatti si limitano al fatto che una parte, in alto a destra, è tagliata con un effetto bruciato (indotto solo dalle sfumature di colore) e che il dragone protagonista della “scena” è stampato con un inchiostro con effetto smaltato, in lieve rilievo. Niente più. Nel senso che non è nemmeno costata molto. Poco di più di una etichetta normale. L’idea sta nel proporre un basilisco fiammeggiante che brucia la stessa etichetta dove è raffigurato. Un drago che è figlio di una leggenda che sarebbe troppo lungo raccontare, ma che è possibile leggere in questo link.
Ci limitiamo qui a riportare le parole del produttore (prelevate dal sito aziendale): “To commemorate our origins, we decided to use the image of the dragon on the Lechthaler labels, a symbol of Trentino Alto Adige’s enological tradition”. Insomma si tratta di un racconto che prende vita sull’etichetta. E rivela una vivacità di intenti e di design in grado di attirare l’attenzione in modo “conveniente”: poca spesa, tanta resa. Questo “in soldoni”, il nostro commento di sintesi. Per quanto riguarda il resto dell’etichetta (tutto ciò che sta attorno al drago incendiario), poteva essere reso anche in altro modo, con altre soluzioni, diverse da una cornice molto classica, ad esempio. Il carattere di scrittura del marchio in alto (nome del produttore e, in pratica, nome del vino) avrebbe potuto godere di uno stile meno obsoleto, ma tutto sommato l’etichetta spicca il volo e accende l’attenzione, proprio come il suo fiabesco protagonista.
Ci limitiamo qui a riportare le parole del produttore (prelevate dal sito aziendale): “To commemorate our origins, we decided to use the image of the dragon on the Lechthaler labels, a symbol of Trentino Alto Adige’s enological tradition”. Insomma si tratta di un racconto che prende vita sull’etichetta. E rivela una vivacità di intenti e di design in grado di attirare l’attenzione in modo “conveniente”: poca spesa, tanta resa. Questo “in soldoni”, il nostro commento di sintesi. Per quanto riguarda il resto dell’etichetta (tutto ciò che sta attorno al drago incendiario), poteva essere reso anche in altro modo, con altre soluzioni, diverse da una cornice molto classica, ad esempio. Il carattere di scrittura del marchio in alto (nome del produttore e, in pratica, nome del vino) avrebbe potuto godere di uno stile meno obsoleto, ma tutto sommato l’etichetta spicca il volo e accende l’attenzione, proprio come il suo fiabesco protagonista.