Il Chinaldo, Pinot Nero aromatizzato, Finigeto.
Questa bottiglia “arlecchino” contiene un vino aromatizzato. Un “chinato” per la precisione, ricetta piemontese che varia di famiglia di famiglia e di storia in storia (anche se qui di Piemonte non se ne vede, perché siamo a Montalto Pavese). Il vino comunque si compone di spezie e vino rosso. In questo caso Pinot Nero. La corteccia di china è da sempre un elemento primario dei vini “chinati”. Da qui anche il nome di questo vino: “il Chinaldo”, generato da un gioco di parole col nome del titolare dell’azienda, tale Aldo Dallavalle. Ma torniamo alla variopinta etichetta. L’articolato reticolo di macchie di colore attira l’occhio, sia pure non avendo riferimenti grafici di concetto. Diciamo che sono i colori, come spesso accade anche in natura, che sollecitano retina e curiosità. Questa trama però va a discapito della leggibilità delle parole in essa inserite. Il nome del vino si salva, nel senso che solo “il”, l’articolo che precede “Chinaldo”, si perde un po’. Mentre per il nome dell’azienda, in alto, “Finigeto” e la sua F stilizzata, i problemi di percezione sono evidenti. Forse tutti quei tasselli colorati rappresentano le innumerevoli spezie-ingredienti di questo vino aromatizzato, ma ciò non basta a giustificare un equilibrio grafico non studiato ad arte. Ci scusiamo per la scarsa qualità dell’immagine, ma in rete non si trova di meglio. E nell’epoca delle fotocamere, anche negli smartphone, da 12 megapixel, risulta quasi incredibile (cioè: non ci vorrebbe molto per le aziende, nel loro interesse, scattare foto di migliore qualità).