Attenzione vs Tradizione

Branding packagingdesign etichettevini
Uvenere, Vino Rosso, 
Paride Iaretti.

Un vignaiolo semplice non può che avere etichette semplici. O forse non averne per nulla. Sfuggendo a ogni definizione. Il packaging di Paride Iaretti è molto lineare: colori diversi per i tre vini in gamma (che in fin dei conti sono il nero, il bianco e il viola-vino che vediamo qui a sinistra), tutti con il medesimo disegno, una stilizzazione della cittadina di Gattinara. Per il resto, una cornice e via. Cambiano i nomi, certo. I nomi dei vini. Uno è dedicato al padre, Pietro, l’altro a Gattinara, il terzo è questo qua: “Uvenere”, e non è affatto male. Innanzitutto è necessario dire che le uve nere in questione sono tante, infatti il vino si compone dei seguenti vitigni: Vespolina, Croatina, Nebbiolo e Bonarda (Novarese). Si tratta di un vino modesto, anche nel prezzo, un vino “da tavola”. Un rosso per tutti i giorni. Quello che colpisce in questo nome è, ugualmente (come per l’etichetta in generale), la semplicità. “Uve nere” (a bacca rossa dice la maggioranza ma la dicitura corretta sarebbe, in effetti, a bacca nera) diventa “Uvenere”, tutto attaccato. E funziona. Sarà perché all’inizio si legge “venere” o perché il cervello non è abituato e quindi “spezza”, ma di fatto questo nome attira l’attenzione. E l’attenzione spesso fa più effetto della tradizione. A tal punto che il design di questa etichetta avrebbe bisogno di un bel refresh (e ci scusiamo per l’inglesismo fuori luogo).