Duit, Trebbiano, Leone Conti.
Si può chiamare un vino “Duit”? Certamente. Infatti questo produttore romagnolo, con sede vicino a Faenza, lo ha fatto. Del resto l’incedere è chiaro: fatelo! Insomma bevetelo, godetevelo, divertitevi. Potrebbe essere questa una delle interpretazioni dell’etichetta in questione (diamo per scontato il riferimento al “do it” di lingua inglese). Le stranezze (chiamiamole originalità) risiedono anche nella grafica dell’etichetta che presenta delle illustrazioni vegetali nella parte centrale, e il nome in questione in basso, scritto lettera per lettera, con lo stile delle missive anonime. Non sembra nemmeno una bottiglia di vino, inghingherata in questo modo. Ma certamente ha modo di farsi notare, sullo scaffale. E di far parlare di sé, eventualmente, a tavola, di fronte agli astanti. “Duit” è un Trebbiano che non ci pensa due volte, lui lo fa. E invita apertamente i convitati a fare altrettanto. Si sa, un calice tira l’altro, e la bottiglia si finisce. Le conseguenze sono quelle dell’amore, citando un noto film drammatico (e un po’ enigmatico) di Paolo Sorrentino.