Brut Menà, Spumante Metodo Classico, Ongaresca.
Cosa sarà il “Brut Menà”? Cosa potrebbe significare questo nome? Un brut “menato”, cioè rimestato? Non siamo riusciti a decifrare l’enigma, né a trovare tracce di spiegazioni in rete. Certo che mai ci era capitato di incontrare una definizione così insolita. Di brut ce ne sono tanti tipi, dal dosaggio zero all’extreme, i nomi si sprecano. La tipologia “menà” incuriosisce. E visto che siamo in Veneto, provincia di Vicenza, il dialetto potrebbe condurre anche al significato di “menato” in senso di “picchiato”, insomma siamo alle percosse. Stiamo logicamente giocando con le parole (della stessa azienda troviamo anche il Rosè Menà, stessa “menata”). Ma vediamo come si presenta il resto di questa etichetta, la parte grafica, artistica e di design. Apprendiamo dalla rete che le etichette dell’azienda sono opera di Sandro Scevaroli: ne ha realizzata una per ogni tipologia di vino (l’azienda produce rossi, bianchi e spumanti, pinot grigio, sauvignon, merlot, pinot nero).
Dichiara il titolare dell’azienda, Sergio Traverso: “Ogni vino regala sensazioni uniche e diverse, ecco che anche l’etichetta deve esprimere e trasportare l’unicità dei vini che rappresenta. Create con colori che rappresentano la metamorfosi della natura, virano dalle tonalità del rosso e del giallo delle nostre uve, al verde delle foglie dei vigneti con qualche filo d’oro come il sole”. Molto bene. Le illustrazioni sono di pregio. E attirano l’attenzione. Un rigore grafico che non penalizza la percezione di ricchezza in termini artistici. Anche l’occhio vuole la sua parte (e si nutre di forme e colori, aggiungiamo noi). E per non menare troppo il can per l’aia chiudiamo qui. Rimane il dubbio che “menà” possa essere un vezzeggiativo, tipo “ameno”, la lingua italiana è infinita e infinitamente bella.
Dichiara il titolare dell’azienda, Sergio Traverso: “Ogni vino regala sensazioni uniche e diverse, ecco che anche l’etichetta deve esprimere e trasportare l’unicità dei vini che rappresenta. Create con colori che rappresentano la metamorfosi della natura, virano dalle tonalità del rosso e del giallo delle nostre uve, al verde delle foglie dei vigneti con qualche filo d’oro come il sole”. Molto bene. Le illustrazioni sono di pregio. E attirano l’attenzione. Un rigore grafico che non penalizza la percezione di ricchezza in termini artistici. Anche l’occhio vuole la sua parte (e si nutre di forme e colori, aggiungiamo noi). E per non menare troppo il can per l’aia chiudiamo qui. Rimane il dubbio che “menà” possa essere un vezzeggiativo, tipo “ameno”, la lingua italiana è infinita e infinitamente bella.