Caparbio, Valpolicella Ripasso, Piccoli.
E’ una bella parola “Caparbio”. Suona bene, è forte e sincopata. Non è del tutto positivo il suo significato. La definizione ufficiale di Treccani è questa: “Ostinato, che fa o pensa sempre a suo modo, che non sente ragioni”. E citando il Manzoni: “...quella caparbietà di negar la peste andava cedendo e perdendosi”. Sorge un dubbio: il nome di questo Valpolicella Ripasso, “Caparbio”, sarà riferito al produttore (che tra l’altro è donna, Daniela Piccoli) oppure al vino stesso? Chi sarà il testardo? Certo non il vitigno, visto che... sono tanti: un blend di rossi (Corvina, Corvinone, Rondinella, Oseleta, Molinara e Croatina). In ogni caso diciamo che auspichiamo si tratti di una cocciutaggine apprezzabile, intraprendente e puntigliosa, tanto per girare il tutto in tono positivo. Osserviamo ora il packaging: insolito il colore (un verde pistacchio piuttosto raro a vedersi, sulle bottiglie di vino), romantiche le rose (belle illustrazioni floreali, riproposte nelle etichette di tutti i vini in gamma), decisamente retrò il logo aziendale (un restyling sarebbe opportuno), comunque piacevole l’insieme (e questo vale molto, sia in termini estetici che commerciali). Resta criticabile, in quanto poco leggibile, il carattere di scrittura del nome del vino. Del resto risulta molto elegante la bottiglia modello “spalle larghe”. Si intravede comunque l’intenzione di fare le cose per bene. In particolare con uno stile femminile, cioè con una impronta gentile, sia nella grafica che nei cromatismi. Un mood che fissa la percezione nel campo della bellezza e l’attenzione nella sfera dell’efficacia.