è lu mé, Pecorino, Citra Vini.
Non ci sarebbe molto da dire su questa etichetta, semplice e diretta (che ci invia Sara Missaglia, giornalista e degustatrice, molto attenta anche alla semantica della comunicazione), se non fosse per quel nome particolare che fa da protagonista assoluto del packaging-design. Il nome del vino infatti è scritto in modo insolito, a sottolineare una accezione dialettale: “è-lu-mé” ciòè “è il mio” in dialetto abruzzese (siamo in provincia di Chieti). Il nome (in un colore verde fluo, impossibile da non notare) viene compreso tra due parentesi quadrate e tradotto subito sotto, scritto più piccolo e con la classica modalità dei dizionari. La necessità di una traduzione è comprensibile: la forma dialettale rischia di essere presa come nome a sé stante come se fosse “Elumé”. Invece si vuole evidenziare anche il significato, “è il mio”, cioè è il mio vino, è quello che preferisco e al quale dedico cura e attenzione (il produttore), oppure al quale tengo davvero e voglio che sia sempre sulla mia tavola (il consumatore). Insomma… si sommano due tipi di attenzione, quella dovuta alla modalità con la quale viene comunicato il nome e quella che nasce del suo significato. In generale questa etichetta risulta molto chiara, pulita, elegante, semplice in senso positivo. Attira l’attenzione e lo fa con garbo e con una nota di regionalità che dà spinta e valore al Pecorino, vitigno autoctono di quelle terre.