Furau, Vermentino e Semidano, Sa Defenza.
Questa è la storia di un vino rubato. Proprio così, come si rubano attimi di felicità durante una degustazione o si ruba il tempo dei viticoltori andando a visitar cantine. Loro, questi produttori sardi, tre fratelli, Pietro, Paolo e Anna Marchi, per comporre questo vino “rubano” i mosti dalle vasche di altre loro produzioni. Ed ecco il riferimento al nome, in dialetto, “Furau”, cioè rubato. L’immagine in etichetta è ugualmente evocativa: si vede un uomo, fugace, con in mano una bottiglia (si direbbe un bottiglione, viste le proporzioni sfalsate). L’abbigliamento, volendo classificarlo come tale, è proprio da ladro: cappottone largo, cappellino in lana, scarponcino tattico. Assolutamente divertente. Situazione comica che serve ad attirare l’attenzione (e ci riesce) cercando di essere coerente con il racconto, cioè con la storia personale del vino e quindi su come viene elaborato e prodotto. Risulta un po’ strano il fatto che in etichetta venga scritto “rosato” mentre tra le mani del ladro c’è una bottiglia di vino bianco, o quanto meno “orange”. Ma probabilmente sono la sfumature di colore che ingannano o che sono state stampate con qualche imperfezione. Un ultimo accenno al nome dell’azienda, Sa Defenza, che semplicemente è il nome della via, cioè della zona dove si trova la cantina. La forma della bottiglia e la fustellatura dell’etichetta sono insolite: ovaleggianti, con una modalità più da liquore che da vino frizzante da mescita agile.