Perfect Break, Semillon e Sauvignon.
Si dice che i surfisti preferiscono la birra. Ma non si sa mai. Di fronte a un trancio di pesce spada alla griglia potrebbero virare su un fresco vino bianco. Certo che questa etichetta colpisce. Si tratta di una azienda vinicola australiana con sede in Margaret River che ha deciso di celebrare i domatori di onde che popolano le coste di quel paese lontano e ancora oggi selvaggio. Lo fa con grande gusto grafico che comprende anche una soluzione cartotecnica particolare: l’etichetta (la carta dell’etichetta intendiamo) è strappata in alto a simulare la rottura dell’onda ad opera di un ginnico surfista. Il “mare” rappresentato dall’etichetta viene tagliato in verticale producendo la classica spuma bianca. Il surfista indossa un muta nera, sembra quasi un Diabolik. E di fatto lo stile è fumettoso: tinte piatte, tratti ben delineati, semplicità e immediatezza anche nel carattere di scrittura del nome (del vino ma anche dell’azienda) “Perfect Break”. Nome che ricorda il famoso film “Point Break” che celebra la vita e le avventure di un gruppo di surfisti-rapinatori, paladini di uno stile di vita libero e incondizionato. Al contrario questo vino e gli altri vini dell’azienda che fanno parte di questa linea (ci sono anche uno Shiraz e un Rosé) tradiscono uno schema molto commerciale e di consumo mainstreamer. Lo “strappo” creativo dell’etichetta contribuisce a fortificare la “promessa” di ribellione che il marketing offre ai surfisti da divano. E, ripetiamo, lo fa con grande gusto estetico e forza comunicativa.