Per parola del produttore sul proprio blog/sito aziendale, il nome del "Brigasco" è dedicato "alla Terra Brigasca, il cui simbolo è stato ritrovato murato sulla parete interna della nostra Corte dei Merli. Scolpito nel tufo, la nostra pietra locale, è stato sicuramente realizzato dai nostri avi che più di cinque secoli fa arrivarono da quella terra." Bella storia, in senso compiuto e come affermazione gergale. Ma vediamo di analizzare. Wikipedia dice: "La cosiddetta Terra brigasca o Paese brigasco (Tera brigašca in dialetto brigasco Pays brigasque in francese viene da alcuni identificata come un'area etno-linguistica situata sulle Alpi marittime al confine tra Francia e Italia e suddivisa tra le province di Cuneo e Imperia, ed il dipartimento delle Alpi Marittime." Ma cosa c'entra la Liguria con il Veneto? Gli avi degli attuali produttori provenivano da quelle terre, ma la Corvina, il Corvinone, la Rondinella e il Merlot (vitigni che compongono il vino "Brigasco" di Damoli, qui raffigurato) a quanto pare no. E allora perché affiancare un "codice storico" di terre lontane a vini autoctoni veneti? Si celebrano gli antenati ma si crea un probabile effetto-confusione nella percezione del prodotto. Dopo aver elogiato e criticato al tempo stesso il nome del vino, passiamo all'etichetta. Dal punto di vista grafico e di design è tutta da vedere. Crediamo che non ci siano parole adeguate. Basta la vista e il giudizio di ognuno sarà perfetto.