Si tratta dei due vini "di punta" di un noto produttore toscano di Montalcino. Nella gamma delle sue etichette (le altre sono monocromatiche e colorate) queste due risultano come le più semplici, ma anche come le più "dimesse". La semplicità e la linearità dei tratti, in comunicazione, sono dei valori. Proprio perché sono in grado di "arrivare" all'obbiettivo con efficacia e senza "rumori di fondo". Ma naturalmente c'è semplicità e semplicità. In questo caso specifico le etichette sembrano davvero prodotte in tipografia. Dove gli schemi grafici sono limitati e la "visione" poco concettuale. Il carattere di scrittura, unico elemento che avrebbe potuto fornire distinzione su una etichetta bianca e decisamente neutra, è anch'esso ricco unicamente di normalità. Siamo di fronte tra l'altro ad un vino (come tipologia) tra i più noti d'Italia e nel mondo, in questo senso decisamente valorizzabile.
Passando ad una specifica analisi dei nomi di questi due vini la situazione non migliora: dove la scelta di nominare il Brunello di Montalcino con "La Casa" potrebbe, nella sua disarmante "normalità", risultare interessante per il mercato estero (sono quelle parole facili, in italiano, che tutti gli stranieri conoscono, dai russi agli anglosassoni, fino ai paesi scandinavi) ed essere quando meno memorabile (in quanto breve ed immediato) per il mercato italiano, ebbene, la versione Rosso di Montalcino denominata, ahinoi infelicemente, "La Caduta", risulta appesantita da un problema puramente semantico, di significato, che crediamo anche un bambino saprebbe intravvedere.