Maoro e Donna Ittoria, Vigneti Zicca.
Serve una laurea in grafologia o molta fortuna (chiamiamolo intuito) per leggere i nomi dei vini delle Cantine Zicca. Il carattere di scrittura scelto è (in termini tecnici) un graziato che più graziato non si può. Ovvero uno di quei caratteri molto "arzigogolati", riccioluti, complessi. Al punto da ostacolare seriamente la lettura. L'obiettivo di un nome di un vino è quello di distinguersi (dalla concorrenza) e farsi ricordare. Ma se non riusciamo a leggerlo (già quando siamo sobri, figuriamoci dopo il primo e il secondo bicchiere!) come potremo ricordarcelo o riferirlo a qualcuno? Anche la modalità di scrivere il nome in verticale è davvero una pessima idea. Se le mettiamo insieme possiamo capire che questa azienda potrebbe ben considerare di ritornare sui propri passi e cercare di tracciare i nomi dei propri vini in modo più intelleggibile. A parte il fatto che "Maoro" non conduce a nessun chiaro significato (anzi, crea confusione di interpretazione). E l'altro nome? Donna Ittoria (i clienti si chiederanno se si sono persi una "V" in tipografica, probabilmente) dal vigneto "Curru Trabutzu": ci vuole un enigmista per risolvere il rebus comunicazionale!