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Tentare è un'Arte, Resistere è Debolezza
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Uno Zingaro Siciliano Metà Arabo Metà Francese
Nawàri, Pinot Nero, Duca di Salaparuta.
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Nomi di Vigneti che Diventano Nomi Internazionali
Shiarà, Catarratto, Castellucci Miano.
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Gli Scherzi della Toponomastica
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Insoliti Rosati Fra Leggende e Belle Realtà Lucane
Frà, Aglianico del Vulture Rosato, Grifalco.
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La Dirompente Energia di un Vino Orange (Viola e Giallo)
Slatnik, Chardonnay e Friulano, Radikon.
E se Viene il Magone, il Vino Stesso se lo Porta Via
Magone, Pinot Nero, Sergio Mottura.
Apprendiamo leggendo la scheda di questo vino nel sito del produttore che "Magone" è il nome del vigneto ("il più vecchio dell'azienda") dove maturano le uve del Pinot Nero laziale in esame. Ragioni storico-affettive-topografiche, quindi, hanno influito nella decisione di attribuire questo nome a questo vino. Ma vediamo cosa si trova, letteralmente, di fronte un potenziale (nuovo) acquirente: la parola magone, se non immediatamente concepita come toponimo può portare a interpretazione come "un grande mago" o piuttosto alla definizione di uno stato d'animo che comunemente viene descritto come "avere il magone". Infatti Treccani alla voce corrispondente afferma: "(dal germ. mago), region. - 1. parte dello stomaco del pollo, nella quale viene triturato il cibo, ventriglio. 2. (fig.) condizione di sofferenza psichica, che si manifesta come un peso sullo stomaco, spec. nell'espressione avere il magone." Il sito specializzato in etimo e semantica che si chiama "Una Parola al Giorno" dice: "Stomaco, specie del pollo; peso, accoramento (dal longobardo: mago gozzo.)" e aggiunge "una scena triste e stupenda di un film, o l'acme di una tragedia a teatro, o una musica sublime ci fanno venire il magone". Insomma la parola trasmette in primo luogo sensazioni legate a uno stato di malessere. Una condizione negativa che certamente il vino riuscirà, almeno in parte, ad annullare. Ma questo è un altro discorso. Graficamente l'etichetta è abbastanza anonima tranne che per la simpatica istrice, simbolo aziendale che si trova anche su tutte le altre etichette della gamma.
Nel Design Vale Tutto o Forse No
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Cupi e Dirupi sulle Montagne Altoatesine
Lamarein, Lagrein, Mayr-Unterganzner.
Si tratta di un caso in cui l'etichetta rispecchia fortemente il contenuto della bottiglia. La percezione che immediatamente si riceve da questo disegno, del quale nulla sappiamo, ma il gioco questa volta è proprio questo, è di cupo rimuginamento (da "rimuginare", sempre che il Devoto Oli lo consenta). Si ha la sensazione di un vorticare di oscuri pensieri o come minimo di una meditazione profonda e solitaria. Un uomo di sicuramente di montagna, forse paleolitico, dai tratti certo non aggraziati, viene raffigurato con tecnica al tratto o al carboncino, intento ad osservare picchi rocciosi e meteorologia avversa. Stiamo parlando di una etichetta di un produttore altoatesino, e di un vino dal carattere piuttosto arcigno, dal colore impenetrabile, di concentrazione quasi indecifrabile. Si tratta, tecnicamente, di un Lagrein (vitigno) molto selezionato in vigna e quindi lasciato appassire da
ottobre a Natale in soffitta. Non contenti di ciò viene "internato" in botti di rovere (barriques e tonneaux nuove) per almeno 16 mesi. Il risultato, dice chi ha assaggiato questa rarità prodotta in pochi esemplari, è sorprendente per intensità e coinvolgimento papillare. Certo il coinvolgimento attenzionale, dell'etichetta, tratta le sfere emozionali noir e introspettive. Può essere una chiave di "apertura" anche questa. Del nome (che si legge solo sul retro) nulla si sa, "Lamarein", se non che pur essendo dolce nella fonetica, assona con "amaro". E anche con "Lagrein", logicamente. Forse è questa la chiave di lettura. Le indagini sono in corso.
ottobre a Natale in soffitta. Non contenti di ciò viene "internato" in botti di rovere (barriques e tonneaux nuove) per almeno 16 mesi. Il risultato, dice chi ha assaggiato questa rarità prodotta in pochi esemplari, è sorprendente per intensità e coinvolgimento papillare. Certo il coinvolgimento attenzionale, dell'etichetta, tratta le sfere emozionali noir e introspettive. Può essere una chiave di "apertura" anche questa. Del nome (che si legge solo sul retro) nulla si sa, "Lamarein", se non che pur essendo dolce nella fonetica, assona con "amaro". E anche con "Lagrein", logicamente. Forse è questa la chiave di lettura. Le indagini sono in corso.
Eternità del Vino, Dentro e Fuori
L'Eterno, Pinot Nero, Feudi del Pisciotto.
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Un Goccio di Stile Dialettale
È got, Merlot e Sangiovese, Cevico Group.
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Duri e Puri, in Favore Della Vernaccia Tradizionale
'ppiccato, Marche Rosso Passito
(Vernaccia di Serrapetrona), Fattoria Duri.
(Vernaccia di Serrapetrona), Fattoria Duri.
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Nome Sferzante in Etichetta Elegante
Ferzo, Abruzzo Pecorino Superiore, Citra.
Lettere che Tracciano Segni nella Mente
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Geologismi che Diventano Nome
Ciuèt, Coste della Sesia Nebbiolo, Pietro Cassina.
C'è una zona nell'Alto Piemonte (anzi, più di una) dove il Nebbiolo cresce bene e si fa valere (a livello commerciale non così tanto come il Barolo e il Barbaresco) e conoscere per la qualità dei vini che ivi si producono. A Lessona infatti pochi validi produttori (sono pochi in generale) immettono sul mercato vini di spessore. In tutti i sensi. È la terra che fa la differenza, oltre alla "nobiltà" del vitigno, il Nebbiolo, ritenuto da molti il "Re d'Italia". E dalla terra infatti prende il nome questo vino, ufficialmente della tipologia Coste della Sesia, che si chiama "Ciuèt". Ecco cosa significa questo nome, spiegato da un sito di vendita on-line di vini italiani: "the Nebbiolo grapes used for this wine are grown in an area of the vineyard that has a greater concentration of sandy-clay, also known as Ciuèt, hence the name of this wine". Si tratta di dialetto, è chiaro. Come molte volte accade, soprattutto in un Piemonte ancora molto tradizionalista, i nomi vengono "presi" dal volgo locale, da idiomi dialettali, modi di dire, proverbi e via dicendo. In questo caso il nome compensa la propria incomprensibilità al di fuori dalla zona di origine, con una brevità e una fonetica che aiutano la comunicazione. Almeno questo. Cosa dire infine del resto? L'etichetta è piuttosto elementare: parole centrate su fondo chiaro, nome ben leggibile in rosso (bene), unica concessione a un briciolo di emozione è quell'onda sotto al nome del titolare che simula, crediamo, delle colline vitate e l'opportuna citazione del "lieu-dit": Lessona. Il vino nel calice farà certo di meglio.
Storicità Modernista e Packaging Auto-Ironico
Pandolfo, Sangiovese di Romagna, La Pandolfa.
L'azienda vitivinicola che ha creato queste etichette è stata doppiamente coraggiosa: ha adottato un design insolito e "ingaggiante", fuori dagli schemi, e lo ha fatto prendendosi un po' in giro. Infatti i personaggi che vengono rappresentati e citati nelle etichette dei vini della gamma proposta al pubblico, sono dei nobili che hanno avuto trascorsi significativi in quella zona. In particolare Sigismondo Pandolfo Malatesta, detto "il Lupo di Rimini" noto per aver assaltato nel 1400 il Castello di Fiumana. La tenuta, che fu dei Marchesi Albicini per un lungo periodo (1626-1941), viene in seguito acquisita dalla Famiglia Ricci che ancora oggi (quarta generazione) la gestisce. I tre nobili raffigurati con colori molto forti sono quindi Pandolfo (che si ripete nella versione Riserva), un tale Battista (che a dire il vero sembra essere una donna) e Federico. Nomi altisonanti che in questa elaborazione hanno ricevuto "in dono" nasi da pupazzi di neve, occhi strabuzzati e zigomi pomellati da clown. Una modalità grafica decisamente dissacrante o, come minimo, molto ironica. Certo siamo in Romagna, provincia di Forlì-Cesena, e si sa che il carattere di quelle genti è decisamente ridanciano. Scappa un sorriso e anche di più. Dal canto loro le etichette, come scritto nelle prime righe di questo articolo, sono molto originali e cromaticamente attenzionali. Le nostre preferenze vanno a Pandolfo e in particolare al suo taglio di capelli.
Un Pinot Nero Molto Ben Quotato
Q500, Pinot Nero,
Azienda Agricola Baldessari.
Azienda Agricola Baldessari.
Paolo Conte recita "...e i francesi ci rispettano che le balle ancora gli girano" cantando allegramente di ciclismo eroico nel brano dedicato a Bartali. Perché è vero che i francesi ci guardano con ammirazione (spesso malcelata) anche nel mondo del vino. Lo sanno che sui rossi (come nel ciclismo) siamo competitivi, forse i migliori al mondo, noi italiani. E allora come e dove produrre un Pinot "Noir" che possa competere con quelli di Borgogna? La risposta è: in quota, sia essa latitudine o altezza sul livello del mare. Il Pinot Nero, a quanto pare, ha bisogno, più di altri vitigni, delle escursioni termiche che solo un clima fresco può assicurare (in ogni caso tra giorno e notte). Ed ecco quindi l'etichetta di un Pinot Nero trentino, ottenuto da vigneti posizionati, come è facilmente intuibile, a 500 mt di altezza (a Est della città di Trento, frazione Povo). Il nome del vino infatti, "Q500", allude chiaramente a questa condizione pedemontana. Girano quindi tutti attorno al nome gli elementi di questa etichetta molto semplice: il concept, il design stesso, i colori, la grafica. Vengono utilizzati in modo forse un po' "sfacciato" i colori rosso e nero su sfondo bianco: da manuale di comunicazione, sono le combinazioni cromatiche più attenzionali, lo dicono le ricerche scientifiche. E allora parole grandi, colori forti, intenzioni chiare, messaggio efficace. Certo non viene lasciato molto agire all'eleganza e all'emozione raffinata, ma è il risultato quello che conta. O no? P.S.: dicono che il vino sia molto buono. Piace e dispiace molto anche ai francesi. Photo credits: @vaniagram
Francia, Egitto, Geroglifici e Comunicazione
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Dalle Marche alla Toscana (fino all'Etna) il Passo è Breve
Guardoilvento (e N'anticchia),
Nerello Mascalese, Tenuta delle Macchie.
Nerello Mascalese, Tenuta delle Macchie.
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Farsetto e Dialetto (Piemontese)
Fanciotein e Farfuien, Cortese e Barbera,
Cà ed Cerutti.
Cà ed Cerutti.
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Un Vino e un Nome che Non Lasciano l'Amaro in Bocca
Sine Felle, Chianti Riserva,
Azienda Agricola Moretti.
Azienda Agricola Moretti.
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Ma Davvero Questo Vino si Chiama "DaVero"?
DaVero, Barbera Rosato,
DaVero Farms and Winery.
DaVero Farms and Winery.
Il galletto in etichetta è un riferimento francese (lo usano anche quelli del Chianti Gallo Nero, però lì c'è dietro una storia), mentre lo psudo-nome di questo vino richiama echi italiani, così come la definizione del prodotto: Barbera Rosato. Cosa è successo quindi? Come giustificare la "mescolanza" di stimoli ottici e verbali che questa etichetta trasmette? DaVero è anche il nome dell'azienda e sembra proprio che si tratti di una specie di neologismo che possa risultare foneticamente italianizzante (il titolare dell'azienda è un uomo d'affari americano dal cognome anglofono). Poi: la decisione di definire i vini nella dizione italiana (Barbera, Sangiovese, Sagrantino etc... le produzioni dell'azienda coprono un totale di 7 vitigni di origine italiana) affiancandoli a parole come "rosato" in questo caso, attiene sempre al richiamare toni mediterranei, come dichiarato nelle retro-etichette dal produttore. Il galletto fa molto fattoria e forse gli americani non lo ricollegano alla Francia come è invece facile per noi. Questioni culturali: Europa e America sono due continenti che distano ormai solo poche ore di volo ma centinaia di anni di storia, e questi ultimi non si colmano velcocemente. Forse mai. In generale: etichetta che cromaticamente (otticamente) colpisce essendo dotata di una propria originalità (le striature). Nome ben chiaro su tassello nero (ma quel DaVero con una sola "v" disturba un po' noi italiani, proabilmente in Usa la prendono più alla leggera). Galletto ruspante a definire la genuinità. Insomma, in America ci provano. Ci imitano. Perché ci amano.
Un Barolo che Nasce da un Bricco Molto Caro
Carobric, Barolo, Paolo Scavino.
I piemontesi in generale e soprattutto i barolisti amano sfoggiare i nomi dei loro "bric", i bricchi, le sommità delle colline delle Langhe dove indubbiamente la vite cresce e matura meglio che in altre zone. Di bric e bricchi se ne leggono di tutte le dizioni sulle etichette di quella zona e anche il produttore qui in analisi ne ha diverse (Bric del Fiasc, Bricco Ambrogio, etc.). In questo caso, il vino che vediamo qui fotografato, si chiama "Carobric". Il produttore è uno di quelli di nome e di fama indiscutibili a livello qualitativo. Certo che chiamare un Barolo che costa variabilmente tra i 50 e i 75 Euro (on-line) "Carobric" potrebbe indurre qualche considerazione, se non qualche battuta, non positiva per il prodotto stesso. "Buono ma caro, il Barolo Carobric..." sarebbe il minimo, tra un calice a l'altro in qualche trattoria langhigiana (o "langhetta" che dir si voglia). Certamente "caro" ha anche altri significati, oltre a quello toponomastico e storico: caro è qualcosa a cui si tiene molto, caro è un parente, un amico, caro è una forma molto usata per dire "affettuoso", amato, adorato. Ma è anche accezione molto diffusa per parlare di qualcosa di molto costoso: "è caro". La percezione e l'uso della lingua parlata è un dedalo all'interno del quale è bene sapersi orientare. Senza lasciare nulla al caso... o al caro.
Imperfezioni che Comunicano Simpatia
Palistorti e Querce Gobbe, Blend di Rossi
e Merlot, Ternuta di Valgiano e Petra Wine.
e Merlot, Ternuta di Valgiano e Petra Wine.
Essenziale. Pulito. Preciso. Punto.
Virgola, Syrah, Azienda Agricola Punto Zero.
Questa azienda veneta, in provincia di Padova, sui Colli Berici, si chiama Puntozero. Ci ha colpito l'estrema sintesi visiva delle etichette. Certamente frutto di uno studio, sia pure nella loro espressione semplice e lineare. Le etichette della gamma sono tutte caratterizzate da punti "ottici" di diverso colore. Il Merlot, in particolare si chiama "Punto", rimarcando il nome aziendale. C'è anche un Syrah che si chiama Virgola, ma gli altri vini non continuano con le "punteggiature": abbiamo "Trasparenza" (Pinot Bianco), "Idea" (Cabernet Sauvignon) e "Dimezzo" (blend di rossi). L'etichetta è monocolore (così come sono da monovitigno 4 vini su 5) e al centro di questo spazio che sembra infinito c'è un punto. Alla base il nome aziendale, nel basso dell'etichetta il nome del vino e il vitigno. Stop. Anzi si dovrebbe proprio dire, punto. Rimane da annotare che questo cromatismo assoluto a scaffale può funzionare. Trasmette eleganza, rigore, precisione. Caratteristiche che valorizzano i prodotti dell'azienda ancora prima di stappare le bottiglie e assaggiare. E questo è proprio quello che deve fare un'etichetta.
Stiamo Insieme Sotto al Vulcano
'nzemmula, Nerello Mascalese,
Vini Ferrara Sardo.
Vini Ferrara Sardo.
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L'Importante è Procedere Bene
Ha attirato subito la nostra attenzione questa etichetta spartana. Da lontano si coglie un bollo rosso al centro di un fondo nero. Ottico e attenzionale. Il nome, in bella evidenza, è "Procedo", parola italiana con un etimo interessante: da "procedere", francese "procèder", dal latino "processus", composto da "pro" posto davanti a "cedere" nel senso di camminare, andare. Nel sito del produttore, in inglese troviamo: "the Procedo (meaning, “to go forward”) label is the wine buyer’s next step to experiencing the True Northwest flavors of Lady Hill Winery. Using premier regional grapes from heritage Northwest vineyards (including Barbera and Sangiovese from Washington’s Red Willow Vineyard, the first planting of these grapes in the Northwest) Procedo wines are Northwest expressions of classic Bordelaise and Super Tuscan-inspired varietals and red blends". Guardando l'etichetta più da vicino ci si accorge che il bollo rosso un'impronta digitale, probabilmente di un pollice. E su questo il sito aziendale dice: "The smartly designed bottle reflects a bold and masculine statement. The sophisticated silver and black tones, clean and modern typeface, plus the signature red fingerprint of Jerry Owen (his personal stamp on these Old World varietals) present an image of sophistication and craft that belies Procedo’s accessible price range, making a snap purchase decision easy". Essenziale il design, come si diceva all'inizio di questo articolo. Diretto, lineare, pulito, senza concessioni a facili emozioni se non fosse per quell'impronta, una specie di firma umana, un Dna personale, dotato di unicità e certamente in grado di incuriosire. Non sappiamo esattamente come viene pronunciato "Procedo" in america, ma a noi è comunque simpatico.
Brunello Zebrato Sempre Piaciuto?
Zebras, Brunello di Montalcino,
Villa i Cipressi.
Villa i Cipressi.
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Lettere in Ordine Sparso: il Caos-Design
The Label, Cabernet Sauvignon, Turley.
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