Ortrugo, Sur Lie, Croci.
Già l'ortrugo non è un vitigno di punta. L'idea di chiamare il proprio vino con il nome del vitigno, specialmente in questo caso, si rivela poco valorizzante. Questo come molti: la scelta di non scegliere, di non dare un nome proprio, originale, dedicato, ad un vino, porta prodotto e produttore immediatamente nell'area della "genericità" che non fa emergere. Si potrebbe desumere che il nome non sia quello più visibile ad un primo sguardo, Ortrugo, che in effetti è il nome del vitigno, bensì la dicitura più piccola, più in basso: "Sur Lie" che sarebbe francese per "sui lieviti". Ma anche in questo caso non ci siamo. Sembra in effetti una descrizione, per di più non in lingua italiana. Non possiamo soprassedere nemmeno sul design dell'etichetta, decisamente debole, elementare, senza veri punti di attenzione, senza originalità, didascalico. Due, tre, quattro caratteri diversi di scrittura, il colore azzurro, i "pesi" grafici: una gestione degli spazi che lascia perplessi. L'unica buona idea è quella di mettere una breve descrizione sul fronte, laddove il 90% dei produttore la confina sul retro. P.S.: sembra che il nome del vitigno "Ortrugo" possa derivare dall'antico modo di dire "altruga", cioè "altra uva", a definire una tipologia che nel lontano 1800 non era tra quelle conosciute nella zona.